Fonte:
CIP - MINORANZE
LINGUISTICHE
LEGGE 15 dicembre 1999, n. 482
"Norme
in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche"
(Testo approvato in via definitiva
dal Senato della Repubblica il 25 novembre 1999;
pubblicato sulla G.U. del 20.12.1999)
Art. 1
1. La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano.
2. La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culturale
della lingua italiana, promuove altresì la valorizzazione delle
lingue e delle culture tutelate dalla presente legge.
Art. 2
1. In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i
principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali,
la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi,
catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il
francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il
sardo.
Art. 3
1. La delimitazione dell'ambito territoriale e subcomunale in cui si
applicano le disposizioni di tutela delle minoranze linguistiche
storiche previste dalla presente legge è adottata dal consiglio
provinciale, sentiti i comuni interessati, su richiesta di almeno il
quindici per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali e
residenti nei comuni stessi, ovvero di un terzo dei consiglieri
comunali dei medesimi comuni.
2. Nel caso in cui non sussista alcuna delle due condizioni di cui al
comma 1 e qualora sul territorio comunale insista comunque una
minoranza linguistica ricompresa nell'elenco di cui all'articolo 2, il
procedimento inizia qualora si pronunci favorevolmente la popolazione
residente, attraverso apposita consultazione promossa dai soggetti
aventi titolo e con le modalità previste dai rispettivi statuti
e regolamenti comunali.
3. Quando le minoranze linguistiche di cui all'articolo 2 si trovano
distribuite su territori provinciali o regionali diversi, esse possono
costituire organismi di coordinamento e di proposta, che gli enti
locali interessati hanno facoltà di riconoscere.
Art. 4
1. Nelle scuole materne dei comuni di cui all'articolo 3, l'educazione
linguistica prevede, accanto all'uso della lingua italiana, anche l'uso
della lingua della minoranza per lo svolgimento delle attività
educative. Nelle scuole elementari e nelle scuole secondarie di primo
grado è previsto l'uso anche della lingua della minoranza come
strumento di insegnamento.
2. Le istituzioni scolastiche elementari e secondarie di primo grado,
in conformità a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, della
presente legge, nell'esercizio dell'autonomia organizzativa e didattica
di cui all'articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59,
nei limiti dell'orario curriculare complessivo definito a livello
nazionale e nel rispetto dei complessivi obblighi di servizio dei
docenti previsti dai contratti collettivi, al fine di assicurare
l'apprendimento della lingua della minoranza, deliberano, anche sulla
base delle richieste dei genitori degli alunni, le modalità di
svolgimento delle attività di insegnamento della lingua e delle
tradizioni culturali delle comunità locali, stabilendone i tempi
e le metodologie, nonché stabilendo i criteri di valutazione
degli alunni e le modalità di impiego di docenti qualificati.
3. Le medesime istituzioni scolastiche di cui al comma 2, ai sensi
dell'articolo 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997, n. 59, sia
singolarmente sia in forma associata, possono realizzare ampliamenti
dell'offerta formativa in favore degli adulti. Nell'esercizio
dell'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo, di cui al citato
articolo 21, comma 10, le istituzioni scolastiche adottano, anche
attraverso forme associate, iniziative nel campo dello studio delle
lingue e delle tradizioni culturali degli appartenenti ad una minoranza
linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 della presente
legge e perseguono attività di formazione e aggiornamento degli
insegnanti addetti alle medesime discipline. A tale scopo le
istituzioni scolastiche possono stipulare convenzioni ai sensi
dell'articolo 21, comma 12, della citata legge n. 59 del 1997.
4. Le iniziative previste dai commi 2 e 3 sono realizzate dalle
medesime istituzioni scolastiche avvalendosi delle risorse umane a
disposizione, della dotazione finanziaria attribuita ai sensi
dell'articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59,
nonché delle risorse aggiuntive reperibili con convenzioni,
prevedendo tra le priorità stabilite dal medesimo comma 5 quelle
di cui alla presente legge. Nella ripartizione delle risorse di cui al
citato comma 5 dell'articolo 21 della legge n. 59 del 1997, si tiene
conto delle priorità aggiuntive di cui al presente comma.
5. Al momento della preiscrizione i genitori comunicano alla
istituzione scolastica interessata se intendono avvalersi per i propri
figli dell'insegnamento della lingua della minoranza.
Art. 5
1. Il Ministro della pubblica istruzione, con propri decreti, indica i
criteri generali per l'attuazione delle misure contenute nell'articolo
4 e può promuovere e realizzare progetti nazionali e locali nel
campo dello studio delle lingue e delle tradizioni culturali degli
appartenenti ad una minoranza linguistica riconosciuta ai sensi degli
articoli 2 e 3 della presente legge. Per la realizzazione dei progetti
è autorizzata la spesa di lire 2 miliardi annui a decorrere
dall'anno 1999.
2. Gli schemi di decreto di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento
per l'acquisizione del parere delle competenti Commissioni permanenti,
che possono esprimersi entro sessanta giorni.
Art. 6
1. Ai sensi degli articoli 6 e 8 della legge 19 novembre 1990, n. 341,
le università delle regioni interessate, nell'ambito della loro
autonomia e degli ordinari stanziamenti di bilancio, assumono ogni
iniziativa, ivi compresa l'istituzione di corsi di lingua e cultura
delle lingue di cui all'articolo 2, finalizzata ad agevolare la ricerca
scientifica e le attività culturali e formative a sostegno delle
finalità della presente legge.
Art. 7
1. Nei comuni di cui all'articolo 3, i membri dei consigli comunali e
degli altri organi a struttura collegiale dell'amministrazione possono
usare, nell'attività degli organismi medesimi, la lingua ammessa
a tutela.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì ai
consiglieri delle comunità montane, delle province e delle
regioni, i cui territori ricomprendano comuni nei quali è
riconosciuta la lingua ammessa a tutela, che complessivamente
costituiscano almeno il 15 per cento della popolazione interessata.
3. Qualora uno o piú componenti degli organi collegiali di cui
ai commi 1 e 2 dichiarino di non conoscere la lingua ammessa a tutela,
deve essere garantita una immediata traduzione in lingua italiana.
4. Qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due
lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni
redatti in lingua italiana.
Art. 8
1. Nei comuni di cui all'articolo 3, il consiglio comunale può
provvedere, con oneri a carico del bilancio del comune stesso, in
mancanza di altre risorse disponibili a questo fine, alla pubblicazione
nella lingua ammessa a tutela di atti ufficiali dello Stato, delle
regioni e degli enti locali nonché di enti pubblici non
territoriali, fermo restando il valore legale esclusivo degli atti nel
testo redatto in lingua italiana.
Art. 9
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7, nei comuni di cui
all'articolo 3 è consentito, negli uffici delle amministrazioni
pubbliche, l'uso orale e scritto della lingua ammessa a tutela.
Dall'applicazione del presente comma sono escluse le forze armate e le
forze di polizia dello Stato.
2. Per rendere effettivo l'esercizio delle facoltà di cui al
comma 1, le pubbliche amministrazioni provvedono, anche attraverso
convenzioni con altri enti, a garantire la presenza di personale che
sia in grado di rispondere alle richieste del pubblico usando la lingua
ammessa a tutela. A tal fine è istituito, presso la Presidenza
del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari regionali, un
Fondo nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche con una
dotazione finanziaria annua di lire 9.800.000.000 a decorrere dal 1999.
Tali risorse, da considerare quale limite massimo di spesa, sono
ripartite annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, sentite le amministrazioni interessate.
3. Nei procedimenti davanti al giudice di pace è consentito
l'uso della lingua ammessa a tutela. Restano ferme le disposizioni di
cui all'articolo 109 del codice di procedura penale.
Art.
10
1. Nei comuni di cui all'articolo 3, in aggiunta ai toponimi ufficiali,
i consigli comunali possono deliberare l'adozione di toponimi conformi
alle tradizioni e agli usi locali.
Art.
11
1. I cittadini che fanno parte di una minoranza linguistica
riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 e residenti nei comuni di
cui al medesimo articolo 3, i cognomi o i nomi dei quali siano stati
modificati prima della data di entrata in vigore della presente legge o
ai quali sia stato impedito in passato di apporre il nome di battesimo
nella lingua della minoranza, hanno diritto di ottenere, sulla base di
adeguata documentazione, il ripristino degli stessi in forma
originaria. Il ripristino del cognome ha effetto anche per i
discendenti degli interessati che non siano maggiorenni o che, se
maggiorenni, abbiano prestato il loro consenso.
2. Nei casi di cui al comma 1 la domanda deve indicare il nome o il
cognome che si intende assumere ed è presentata al sindaco del
comune di residenza del richiedente, il quale provvede d'ufficio a
trasmetterla al prefetto, corredandola di un estratto dell'atto di
nascita. Il prefetto, qualora ricorrano i presupposti previsti dal
comma 1, emana il decreto di ripristino del nome o del cognome. Per i
membri della stessa famiglia il prefetto può provvedere con un
unico decreto. Nel caso di reiezione della domanda, il relativo
provvedimento può essere impugnato, entro trenta giorni dalla
comunicazione, con ricorso al Ministro di grazia e giustizia, che
decide previo parere del Consiglio di Stato. Il procedimento è
esente da spese e deve essere concluso entro novanta giorni dalla
richiesta.
3. Gli uffici dello stato civile dei comuni interessati provvedono alle
annotazioni conseguenti all'attuazione delle disposizioni di cui al
presente articolo. Tutti gli altri registri, tutti gli elenchi e ruoli
nominativi sono rettificati d'ufficio dal comune e dalle altre
amministrazioni competenti.
Art.
12
1. Nella convenzione tra il Ministero delle comunicazioni e la
società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e
nel conseguente contratto di servizio sono assicurate condizioni per la
tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza.
2. Le regioni interessate possono altresì stipulare apposite
convenzioni con la società concessionaria del servizio pubblico
radiotelevisivo per trasmissioni giornalistiche o programmi nelle
lingue ammesse a tutela, nell'ambito delle programmazioni radiofoniche
e televisive regionali della medesima società concessionaria;
per le stesse finalità le regioni possono stipulare appositi
accordi con emittenti locali.
3. La tutela delle minoranze linguistiche nell'ambito del sistema delle
comunicazioni di massa è di competenza dell'Autorità per
le garanzie nelle comunicazioni di cui alla legge 31 luglio 1997, n.
249, fatte salve le funzioni di indirizzo della Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi.
Art.
13
1. Le regioni a statuto ordinario, nelle materie di loro competenza,
adeguano la propria legislazione ai principi stabiliti dalla presente
legge, fatte salve le disposizioni legislative regionali vigenti che
prevedano condizioni più favorevoli per le minoranze
linguistiche.
Art.
14
1. Nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio le
regioni e le province in cui siano presenti i gruppi linguistici di cui
all'articolo 2 nonché i comuni ricompresi nelle suddette
province possono determinare, in base a criteri oggettivi, provvidenze
per l'editoria, per gli organi di stampa e per le emittenti
radiotelevisive a carattere privato che utilizzino una delle lingue
ammesse a tutela, nonché per le associazioni riconosciute e
radicate nel territorio che abbiano come finalità la
salvaguardia delle minoranze linguistiche.
Art.
15
1. Oltre a quanto previsto dagli articoli 5, comma 1 e 9, comma 2, le
spese sostenute dagli enti locali per l'assolvimento degli obblighi
derivanti dalla presente legge sono poste a carico del bilancio statale
entro il limite massimo complessivo annuo di lire 8.700.000.000 a
decorrere dal 1999.
2. L'iscrizione nei bilanci degli enti locali delle previsioni di spesa
per le esigenze di cui al comma 1 è subordinata alla previa
ripartizione delle risorse di cui al medesimo comma 1 tra gli enti
locali interessati, da effettuare con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri.
3. L'erogazione delle somme ripartite ai sensi del comma 2 avviene
sulla base di una appropriata rendicontazione, presentata dall'ente
locale competente, con indicazione dei motivi dell'intervento e delle
giustificazioni circa la congruità della spesa.
Art.
16
1. Le regioni e le province possono provvedere, a carico delle proprie
disponibilità di bilancio, alla creazione di appositi istituti
per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali delle
popolazioni considerate dalla presente legge, ovvero favoriscono la
costituzione di sezioni autonome delle istituzioni culturali locali
già esistenti.
Art.
17
1. Le norme regolamentari di attuazione della presente legge sono
adottate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima,
sentite le regioni interessate.
Art.
18
1. Nelle regioni a statuto speciale l'applicazione delle disposizioni
piú favorevoli previste dalla presente legge è
disciplinata con norme di attuazione dei rispettivi statuti. Restano
ferme le norme di tutela esistenti nelle medesime regioni a statuto
speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Fino all'entrata in vigore delle norme di attuazione di cui al comma
1, nelle regioni a statuto speciale il cui ordinamento non preveda
norme di tutela si applicano le disposizioni di cui alla presente legge.
Art.
18-bis
(articolo aggiuntivo introdotto dall’ art. 23, della legge 23
febbraio 2001, n.38)
1. Le disposizioni di cui all’articolo 3 della legge 13 ottobre
1975, n. 654, e successive modificazioni, ed al decreto-legge 26 aprile
1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno
1993, n. 205, si applicano anche ai fini di prevenzione e di
repressione dei fenomeni di intolleranza e di violenza nei confronti
degli appartenenti alle minoranze linguistiche.
Art.
19
1. La Repubblica promuove, nei modi e nelle forme che saranno di caso
in caso previsti in apposite convenzioni e perseguendo condizioni di
reciprocità con gli Stati esteri, lo sviluppo delle lingue e
delle culture di cui all'articolo 2 diffuse all'estero, nei casi in cui
i cittadini delle relative comunità abbiano mantenuto e
sviluppato l'identità socio-culturale e linguistica d'origine.
2. Il Ministero degli affari esteri promuove le opportune intese con
altri Stati, al fine di assicurare condizioni favorevoli per le
comunità di lingua italiana presenti sul loro territorio e di
diffondere all'estero la lingua e la cultura italiane. La Repubblica
favorisce la cooperazione transfrontaliera e interregionale anche
nell'ambito dei programmi dell'Unione europea.
3. Il Governo presenta annualmente al Parlamento una relazione in
merito allo stato di attuazione degli adempimenti previsti dal presente
articolo.
Art.
20
1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato
in lire 20.500.000.000 a decorrere dal 1999, si provvede mediante
corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanziamento iscritto,
ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità
previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di
previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l'anno 1998, allo scopo parzialmente
utilizzando, quanto a lire 18.500.000.000, l'accantonamento relativo
alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, quanto a lire
2.000.000.000, l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica
istruzione.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
