Bari, 3 maggio
2005
TOMMASO DI CIAULA UN POETA DEL SUD
di
Sebastiano Gernone
(clicca
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L'opera in poesia e prosa di Tommaso Di Ciaula è stata
già citata da Italo Calvino, Giovanni Giudici, Salvatore
Quasimodo, Leonardo Sciascia, Paolo Volponi, per ricordare solo i
più noti; e il mio contributo all'introduzione nel suo mondo
è di raccontarne qualche nota biografica e di riflessione.
Di Ciaula l' ho incontrato dopo la
pubblicazione da Feltrinelli di "Tuta blu ", note poetiche di un
operaio del Sud tradotte in francese, tedesco, spagnolo, russo, nel
mondo occidentale e latino - americano.
Il libro è affascinante e
narra la sua esperienza di lavoro alla Pignone Sud di Modugno, paesino
a pochi chilometri da Bari, in una fabbrica dell'Eni diretta allora da
Enrico Mattei convinto da Giorgio La Pira a guidarla. La Pignone Sud
era negli anni '60 un polo d'avanguardia nella meccanica di valvole e
altre componenti utilizzate principalmente dall'industria estrattiva
petrolifera. I giovani operai selezionati che si presentarono ai corsi
per tornitori della Pignone nell'autunno del '62, erano perlopiù
d'estrazione contadina e alcuni con esperienze adolescenziali in
botteghe artigiane.
Di Ciaula era figlio di un contadino - carabiniere di Modugno, e tra i
lavori svolti da ragazzo nelle piccole officine vi era stato quello
nell'azienda Sartori in Via Re David a Bari, laboratorio meccanico che
realizzò le bocchette metalliche della Fontana della Stazione,
luogo in cui nei primi anni '60 i nostri genitori portavano i bambini,
appena erano in grado di mantenersi sulle proprie gambette, per una
foto ricordo. Ne ho un'immagine molto cara in bianco e nero, con i
riccioli della sorella maggiore e di mia madre vestita da semplice
casalinga, che dal quartiere periferico Libertà ci portò
in centro per la Fotografia con la Fontana alle spalle e i figlioletti
accanto; e le bocchette ormai da decenni donano rivoli d'acqua che
incoronano la Fontana.
Lo scrittore dopo i primi anni incantati nella masseria dei nonni
contadini tra conigli, galline, carrubi, limoni, viti, ulivi, con cieli
aperti sulla natura, entrò da adolescente nelle botteghe
artigiane e, infine, giovanissimo ai posti sicuri da molti ambiti, con
mensa aziendale, dalla struttura moderna e innovativa nel Sud: la
Pignone Sud.
Nella fabbrica modello del neo capitalismo meridionale iniziò il
dramma del giovane poeta contadino, ragazzo di botteghe: è
rinchiuso per otto ore in un capannone, ingabbiato con ritmi e bolle di
produzione da rispettare.
Si badi bene che Di Ciaula, ne abbiamo le testimonianze dei compagni di
lavoro, era un operaio intelligente, un tornitore meccanico che sapeva
ricoprire diverse mansioni e ruoli con ottimi risultati; ma non
accettava e si ribellava agli aspetti inumani della fabbrica: ritmi
sostenuti, stato di conflitto tra operai con spie che si vendevano per
quattro soldi, ingegneri che imponevano i ritmi e le scadenze, senza
spesso curarsi delle condizioni di sicurezza e igieniche dei
lavoratori, una situazione d'asservimento al Dio Profitto.
E Di Ciaula che si inventò?
Al pari di un cavaliere medievale che calzi elmo, corazza, e lancia in
resta indossò cartelli di protesta trasformandosi in sandwich
della denuncia, infischiandosene finanche della moderazione dei
delegati sindacali, che spesso - succede a tutt'oggi - per sfuggire
alla loro schiavitù dalla produzione svendono per poche
migliorie - anche se frequentemente utili al miglior controllo
produttivo - le giuste rivendicazioni degli operai e dei tecnici,
esecutori in prima linea del ciclo industriale; Di Ciaula per la sua
indipendenza nella protesta subì -dai venduti ai dirigenti -
brutali umiliazioni.
Non è un caso che quando il libro "Tuta blu" fu pubblicato nel
1978 i vertici, i quadri sindacali lo avversarono, e ricordo la
dichiarazione di Luciano Lama al settimanale L'Espresso, in cui Tuta
blu fu bollato testo di "attacco al sindacato": accuse ridicole
perché lo scrittore operaio unicamente con rabbia e poesia
descriveva la sua condizione lavorativa e umana.
Il
libro, invero, ebbe un immediato successo in Italia e all'estero,
perché coinvolgeva e identificava i subalterni e le persone
più sensibili nei paesi dominati dal capitalismo delle supposte
democrazie o da quello di Stato. A quel libro, preceduto dalle poesie
"Chiodi e Rose" pubblicate a sue spese e citate da Sciascia sul
Corriere della Sera, seguì " Prima l'amaro e poi il dolce" edito
da Feltrinelli, tradotto anche in tedesco, e di seguito altre poesie,
romanzi poetici pubblicati da Laterza, Sellerio e alcune riflessioni di
denuncia sul divario Nord - Sud.
Talvolta, dopo la pubblicazione di un libro dello scrittore, andavo a
Modugno dove allora viveva, per parlarne e acquistarne copia; un testo
che mi interessò fu il romanzo "Le ali di pietra". Di Ciaula si
è cimentato, inoltre, in una breve nota biografica del
pitagorico Archita di Taranto, intelligenza rara che si occupò
anche di studi meccanici. Negli anni '80 ricordo la sua partecipazione
ai festival internazionali di poesia a Roma, a villa Borghese in piazza
di Siena e all'università La Sapienza, quando Renato Nicolini -
il più inventivo assessore alla cultura incontrato - lo
introdusse tra Lee Roy Jones ed Evgenij Evtuscenko con spettatori quali
Allen Ginsberg, Gregory Corso, William Borroughs, e il grande poeta
argentino in esilio Juan Gelmann, il regista Fernando Birri ecc.., e
Nicolini incoraggiò il timido e modesto Di Ciaula a non
preoccuparsi e a recitare le sue poesie.
L'autore fu invitato anche al Costanzo Show e, in quella spesso
soporifera trasmissione, denunciò coraggiosamente il furto dei
menhir e l'incuria del nostro patrimonio antico meridionale, simboli di
una centralità e gloria passata mediterranea; e, forse, per
questa sua non moderazione fu poco apprezzato dalle autorità
locali inadempienti.
Invidiato dai tanti limitati e limitanti intellettuali della nostra
periferica provincia, Di Ciaula se n'è di costoro ben
infischiato ed è stato invitato a recitare le sue poesie e ad
assistere alle rappresentazioni teatrali e filmate tratte dalla sua
opera in Germania, Francia, Svizzera, e a Cuba recentemente. Ha
collaborato saltuariamente a varie riviste, all'Europeo, all'ironico
Male, e al Manifesto (recenti un suo articolo sulle lotte degli operai
di Melfi, e un reportage poetico su un viaggio in Bulgaria nell'inserto
Alias); sulla locale Gazzetta del Mezzogiorno ha un suo spazio
domenicale denominato "Tempi Moderni", in cui scrive da più di
vent'anni generosamente e quasi gratis (bontà loro, sic), e
talvolta alcune recensioni a lui dedicate compaiono su riviste
internazionali; la sua opera è citata in alcune antologie del
'900.
Vive lontano dalla - definizione dello scrittore modugnese - bolgia
caotica e infernale delle città; scorazza con l'utilitaria tra
campagne e paesi marinari del barese respirando tra porticcioli,
diroccate masserie e trulli per l'ammasso di paglia ormai esposti ai
raggi del sole e del tempo, macerie di castelli e torri che avvistavano
invasioni saracene, e siti polverosi; visita l'aeroporto, passeggia tra
navi e traghetti ancorati o partenti osservando il mare amico. Un gran
maestro spirituale della tradizione murrid del Senegal che rincontrai
accompagnato dal curioso Di Ciaula, era circondato da altri maestri e
discepoli seduti a cerchio su tappeti rari e preziosi, e in
un'atmosfera magica gli disse: " La tua poesia è un dono di
Dio", e con questa grazia istintiva Tommaso affronta quotidianamente la
vita, trasformandola in versi con "qua e là un po' di
repertorio"come si espresse Giovanni Giudici, ma con indubbio talento;
i mandorli in fiore della primavera e invernali, i piccoli animali, i
muretti di pietre e gli arcani ulivi intrecciati, i menhir e i dolmen,
gli antichi scavi e lucerne - ceramiche - vasi millenari, testimonianze
della Magna Grecia che hanno attraversato tempi e stagioni, il mare, i
nostri paesi, le "dulcinee" stradali e campagnole che incontra nel suo
pellegrinare si amalgamo in alchimie di parole, visuali che aiutano
l'incazzato Tommaso con le sue rabbie, ossessioni, vittimismo e
imprecazioni, e noi tutti, a sfuggire dalle prigioni mentali tanto care
ai mercanti ricordando spazi più segreti e vasti.
Sebastiano
Gernone maggio 2005

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" (..ho letto le sue poesie e debbo
dire che mi sono piaciute moltissimo...) ".
Lettera di Salvatore Quasimodo del 24 gennaio 1968
"Un bel tipo di operaio protestatario che non ha raggiunto la stampa di
un volume, ma pochi versi applauditi in pubblico"
Tommaso
Fiore (in "Poeti di Puglia e Basilicata", Adriatica ed. 1969)
"Tommaso Di Ciaula: il cognome inevitabilmente rimanda alla novella di
Pirandello 'Ciaula scopre la luna'. E anche Di Ciaula, uscendo dal
Pignone Sud come Ciaula dalle tenebre della solfara scopre la luna: un
senso luminoso delle cose, delle memorie, delle pene; la solitudine che
si apre in comunione con le cose;le cose che si aprono in simboli.Una
poesia che ha ancora radici contadine, che ancora 'legge'il mondo
attraverso quel sentire, quei concetti, quelle immagini, che ancora
istituisce con il mondo del lavoro un rapporto magico"
Leonardo
Sciascia, (Corriere della Sera del 4 novembre 1971, citando 'Chiodi e
Rose')
"(...) Caro Di Ciaula, ho letto i suoi versi e - caso raro nei
volumetti stampati a proprie spese dell'autore - ho riconosciuto un
poeta,con una voce,una sua forza verbale e visuale(...)".
Lettera
di Italo CALVINO, Torino 3 dicembre 1971
"L'urgenza che percorre tutto questo bellissimo libro come un
vento
incalza le parole una per una, ciascuna con il suo timbro e il suo
peso, proprio come nei testi arcaici e popolari e anche nei dettati
delle orazioni e degli sfoghi"
Paolo
Volponi (dalla Prefazione a Tuta blu, Feltrinelli ed.1978)
"…il suo mondo lirico ha un movimento di coagulazione spontanea
alla
cui base è l'arcaicità più nobile di tutte: una
felice fede nella
poesia, nell'esser poeta"
Giovanni
Giudici (dalla prefazione a Odore della Pioggia, Laterza ed.1980)
"Caro amico, conservi dunque le sue ali, anche se si fanno sentire
sempre più pesanti e più difficili da muovere. Conservi
il fuoco, la
capacità di vedere, di annusare, di assaporare, di vibrare con
gli
esseri e le cose. E difenda la sua tenuità di sentire anche
contro le
tentazioni della 'cultura', oltre che contro le banalità, la
menzogna,l'arrivismo. Il poeta è sempre ricco. E povero quel
mondo che
non ha più bisogno di poeti."
Pina
Belli D'Elia (dalla prefazione a "Ali di pietra")
"…passano, eterna croce e delizia dell'umanità, un
trionfo di fondi
schiena stretti divinamente nei jeans. Tira un forte vento, l'aria
cambia! Cambia?"
Tommaso
Di Ciaula 24 aprile 2005