Separatismo?
Un’altra via è
possibile.
di Zenone di Elea
Marzo 2006
Prendere le distanze, tanto per cominciare, da quella
strana classe di
meridionali – culturalmente
eterogenea, una
sorta di miscuglio formato da liberaleggianti, liberali,
finti innovatori e a volte da nostalgici dell’antico regno
– il cui capofila fu Liborio Romano, che in nome del bene
del paese meridionale si spartirono (e continuano a spartirsi)
contributi e
incarichi vari sapientemente elargiti dallo stato centrale (=del nord)
per
pacificare-tener buone le contrade meridionali.
Essi hanno fatto della
lamentela una professione a corrente alternata che tirano fuori a
seconda della convenienza politica o economica per strappare
concessioni allo stato centrale, concessioni che si possono tradurre in
briciole alla mensa del padrone.
Sono questi uomini che ieri
come oggi impediscono al cosiddetto popolo meridionale di prendere
coscienza di come stavano-stanno effettivamente le cose e, quindi, di
agire di conseguenza.
I soldi inglesi e le
ambiguità francesi
consegnarono l’ex-Regno delle Due Sicilie nelle mani di un
nascente stato che
avrebbe concentrato nel centro nord il potere reale, ovvero quello
economico,
lasciando che nella stanza del potere politico entrassero a frotte
tanti
meridionali, e questo per meglio gestire un territorio che sarebbe
rimasto –
nonostante la sconfitta della guerriglia contadina postunitaria
– eternamente
sul piede della insubordinazione e dell’attacco ai poteri
dello stato.
Un paese che
all’indomani dell’unificazione
(chiamarla unità sarebbe un puro eufemismo) non era affatto‘fortemente
arretrato’ – come definito da sempre dalla
mitologia risorgimentale – ma un
paese che aveva un “molto evoluto sistema
finanziario”,
parole queste pronunciate in parlamento da un ministro della Repubblica.
Esordivamo con un
“prendere le distanze”,
che – secondo noi – vuol dire fare
chiarezza
sulla formazione dello stato unitario.
e su quello che autorevoli
studiosi hanno
bollato come un “imbroglio” altrimenti detto
“unità”.
Fare chiarezza è
punto irrinunciabile di
qualsivoglia movimento si ponga come alternativa a quella classe di cui
dicevamo sopra che ha preso in consegna il sud nel 1860 e lo ha gestito
fino ad
oggi e continua a gestirlo per conto terzi.
Solo così si
potrà dare vita ad una classe
dirigente veramente legata al territorio in cui viene eletta e per
questo in
grado di esprimerne e difenderne gli interessi a livello centrale.
Per far questo non occorre
imboccare la strada del separatismo, che costituirebbe un vero salto
nel buio e potrebbe portare ad una balcanizzazione della penisola che
nessuno – spero – voglia.
La strada giusta passa per una rifondazione dello
stato unitario su basi nuove, concordate fra Nord e Sud, che dovrà per
forza partire dal Sud.
Non ci si puòaspettare che dei novelli liberatori
– magari i meridionali della diaspora, nel migliore dei casi,
o i “toscopadani”
per usare la terminologia di Zitara, nel peggiore dei casi –
si presentino col
loro progettino per un Nuovo Meridione.
Significherebbe perpetuare
l’esistente sotto nuove
vesti, senza intaccare i rapporti di fondo, gli intrecci
economico-politici
perversi che hanno ridotto il Sud ad una sorta di grande colonia
interna, caso
unico in occidente – ma direi caso unico al mondo.
Neanche lo si può
aspettare da finti coordinamenti
delle regioni meridionali come quello “istituito”dal governatore della
Campania che serve solo a buttare fumo negli occhi e non intacca i
rapporti di
fondo fra lo Stato Centrale e il Sud Italia.
Le prossime elezioni del 9 e
10 aprile sono una
grande occasione sprecata dai movimenti autonomisti meridionali
(qualcuno
sostiene che siano oltre duecento!) che non sono stati capaci di
coordinarsi e
di provare a costituire una lista unitaria per raccogliere le firme e
presentarsi agli elettori meridionali con una proposta alternativa alla
destra
e alla sinistra, dalle quali il Sud non può aspettarsi nulla
di buono.
Zenone di Elea
__________________
L’elenco dei meridionali grandi
“servitori” dello Stato è sterminato,
vale la
pena di fare qualche esempio illuminante:
·
Giuseppe Massari
(Commissione Brigantaggio),.
·
Giuseppe Pica
(Legge pica).
·
Pasquale Villari
(Ministro Pubblica Istruzione – quello
delle Lettere Meridionali del 1861 e 1875).
·
Pasquale Stanislao
Mancini (vera mente giuridica dello
Stato liberale piemontese).
·
Francesco Crispi,
(ex-mazziniano, la sua famosa frase
fu "La monarchia ci unisce, la repubblica ci divide") prima Ministro
dell'Interno e delle Finanze del governo siciliano provvisorio,
Ministro degli
Esteri a napoli, Presidente della Camera nel 1876, nel dicembre 1877
prese il
posto di Nicotera al Ministero degli Interni del governo Depretis, nel
1887
ritornò in carica come Ministro degli Interni nel governo
Depretis, succedendo
a Depretis stesso come Primo Ministro nel 1889.
·
Giovanni Nicotera,
il “barone di nicastro”, fu
considerato l'uomo più chiacchierato e piùcorrotto del Parlamento italiano
(Ministro degli Interni dal 26 marzo 1876 al 26 dicembre 1877).
·
STARRABBA DI
RUDINI march. Antonio, (Ministro degli
Interni dal 22 ottobre al 14 dicembre 1869 e dal 9 marzo 1896 al 29
giugno
1898).
·
Bertrando
Spaventa, il più significativo esponente
dell’hegelismo, contrario nel 1851 Parlamento di Torino alla
libertà di
insegnamento e per una totale e assoluta statalizzazione
dell’educazione.
·
Silvio Spaventa
(giurista, Ministro dei lavori
pubblici).
·
Ruggero Bonghi
(ministro della Pubblica Istruzione,
primo direttore de La Stampa)
·
Francesco de
Sanctis, in seguito alla conquista di
Garibaldi il De Sanctis venne nominato governatore della provincia di
Avellino
e per un brevissimo periodo fu ministro nel governo Pallavicino. Nel
1861 venne
eletto deputato al Parlamento nazionale, fu Ministro della Pubblica
Istruzione
nei gabinetti Cavour e Ricasoli.
·
Antonio Scialoja,
nel 1860 a Napoli per ricoprì la
carica di Ministro delle finanze nel governo dittatoriale di Giuseppe
Garibaldi. Segretario generale al Ministero dell'Agricoltura, industria
e
commercio nel Ministero Ricasoli nel 1861-62, consigliere della Corte
dei Conti
e poi senatore dal 1862, Ministro delle finanze nel Ministero Lamarmora
nel
1865-66, e poi nel Ministero Ricasoli nel 1866-67, Ministro della
pubblica
istruzione nel Ministero Lanza (1869-73). Nel 1875 venne nominato
presidente
onorario dell'Associazione per il progresso degli studi economici in
Italia.
·
...
Nel 2005 è stato realizzato un interessante documentario
sulla rivolta di
Reggio Calabria del 1970 – ve ne consigliamo caldamente la
visione. Vi sono
state, durante l’Italia repubblicana, anche Avola e
Battipaglia, per citare
altri due casi, meno noti di quello di Reggio Calabria, dove giunsero
10.000
celerini e 2.000 soldati con finanche carrarmati!
Cfr. intervento letto per la presentazione del disegno di legge
istituiva della “banca
del mezzogiorno”, dove tra l’altro si legge:“Prima d'essere
«unificato»
(nel Nord), il Mezzogiorno aveva un suo proprio, se pure fortemente
arretrato,
sistema politico; aveva un suo proprio e invece molto evoluto sistema
finanziario; era a ridosso della rivoluzione industriale. I titoli
delle Due
Sicilie erano trattati nelle principali piazze finanziarie d' Europa.
Non solo
vasti settori dell'agricoltura meridionale competevano direttamente sul
mercato
internazionale, ma le manifatture tessili e meccaniche, i cantieri e le
ferrovie delle Due Sicilie erano un forte incubatore di sviluppo
industriale. Poi
è venuta
l'«unificazione», che ha annichilito la
società meridionale e di riflesso e per
conseguenza ha interrotto il suo processo di sviluppo. Da un giorno
all'altro,
antiche e gloriose capitali sovrane furono trasformate in Prefetture,
senza che
ci fosse, nel Mezzogiorno, il baricentro di una forte
società «municipale». Un
tipo di società civile - questa - che era invece presente e
per compensazione
sarebbe divenuta sempre più forte, nel resto del
Paese.”.
In sintesi, il nostro Risorgimento fu questo: la fine di un regno
libero e
indipendente fin dal 1734, guidato da un re italiano con un popolo
pacifico e
ingegnoso, una flotta seconda in Europa solo a quella inglese, dotata
di ben
472 navi, un debito pubblico minimo, notevoli riserve auree, grandi
opere
civili in corso e le tasse più leggere d'Europa. Un popolo che in pochi
anni viene schiacciato sotto il tallone di
ferro e ridotto ed obbligato ad un esodo di proporzioni bibliche verso
lidi
lontanissimi e spesso inospitali.
Fra
il 1876 e il 1914 il numero di italiani meridionali che dovette
abbandonare per
la miseria la propria terra superò i dieci milioni.
Si scoperchiano tutte le pentole, triangoli rossi e foibe, ma la
pentola
risorgimentale che ha ridotto il Sud ad una colonia nessuno la vuole
scoperchiare. Grazie anche ai tanti meridionali
che sono rimasti gli ultimi impavidi guardiani della
pentola
stessa.
Una delle principali produzioni del coordinamento riteniamo sia la
sottoscrizione del referendum sulla devolution fatta votare dalla Lega
Nord.
Peccato ci sia dimenticati di spiegare ai sottoscrittori che sarebbe da
rivedere anche il titolo V modificato in fretta e furia nel 2001 e che
ha
consegnato sanità ed istruzione nelle mani delle regioni!
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