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"Alessandro Romano" To: eleaml Subject: MSG 04 - 253 - La nuova emigrazione Date: Sun, 7 Nov 2004 23:38:36 +0100 |
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Rete di Informazione delle Due Sicilie |
Cari conterranei,
leggerete dagli articoli ripresi dal Messaggero del 31 ottobre 2004 una prospettiva già reale dei problemi delle nostre regioni. In Sicilia emigrano e contribuiscono moltissimo ai 200.000 (duecentomila) meridionali che l'anno scorso dai dati ufficiali (spesso di gran lunga errati per difetto) si sradicarono per lavoro al nord italia, europa e americhe; inoltre si noti la politica economica dei colonizzatori: la Barilla ottenne fondi per i propri impianti al Sud e ora di fronte alla crisi economica li smobilita proprio nelle zone più povere : arrivederci e grazie per l'affare ci insegnano lor signori(sic)... sg ( Sebastiano Gernone)
p.12 IL MESSAGGERO 31 ottobre 2004
Dalla Sicilia in Germania, per un posto fisso
Il miraggio tedesco torna a spopolare l’isola. Un sindaco: "Nel mio paese non ci sono più operai"
dal
nostro inviato
MARIO MENGHETTI
AGRIGENTO - ’U travagliu. Il lavoro.
Dicono che
se ne vanno per stare meglio, che qui non si può vivere. Ma
quando è ’u travagliu che trova loro, allora ci sono mille
difficoltà. E’ sconsolato il sindaco di San Biagio
Platani,
Santino Sabella, "sono un centrista, simpatizzante dell’Udc".
Guida da
circa quattro anni questo paese aggrappato alle colline
dell’Agrigentino, seimila abitanti ufficiali, poco più di
duemila quelli reali. "Se ne stanno andando tutti ripete amaramente
sembrava una storia passata, è tornata attuale, come nei
peggiori incubi. Muratori, carpentieri, idraulici. Sono spariti tutti
gli operai specializzati. Qui ormai non è rimasto più
nessuno". Uno sfogo in piena regola, contro cui Sabella e alcuni
sindaci dei comuni vicini stanno tentando di porre un rimedio. "Insieme
ad altri cinque municipi limitrofi abbiamo creato una società
racconta per centralizzare tutta una serie di servizi che altrimenti
sarebbero spariti, come la macellazione delle carni e la Pro Loco. Qui
sono rimasti ormai solo vecchi e bambini".
E’ vero. Basta farsi una passeggiata, qui come a Palma di
Montechiaro o
Sant’Angelo a Muxaro nell’Agrigentino, a Barrafranca o
Pietraperzia in
provincia di Enna, oppure in alcuni comuni intorno a Mazara del Vallo,
tanto per fare qualche nome, per rendersi conto che chi aveva un
mestiere e poteva dare uno sviluppo economico a questa parte della
Sicilia si è portato conoscenze e speranze nel Nord Italia o in
Germania (le due mete più gettonate), per andare a ricoprire
anche incarichi di rilievo e guadagnare stipendi elevati. In queste
località molte case sono ristrutturate ma chiuse, pochi i
laboratori artigiani, ancora meno le piccole imprese. "Chi rimane
è solamente perché è riuscito ad intrufolarsi nel
turn over dei lavori socialmente utili precisa un imprenditore del
Trapanese, che preferisce non esporsi con nome e cognome lavori che
sono ormai diventati una piaga sociale: consentono ai politici locali
di crearsi un piccolo consenso personale ma immobilizza quel po’
di
giovani che sono rimasti". E così tutti ricominciano a pensare
di andare oltre l’isola. "Negli ultimi cinque, sei anni le
aziende che
trasportano lavoratori e i loro familiari nel nostro Settentrione e nel
Centro Europa afferma Antonio Natale, direttore di Anav Sicilia
(l’associazione di questo tipo di vettori) sono aumentate circa
del
quaranta per cento. Le grosse imprese che hanno ottenuto le varie
concessioni governative per questo trasporto sono una decina ma quelle
interessate al business sono circa una sessantina". Non è tutto
oro. Anche qui troviamo gli "irregolari", i cosiddetti abusivi. Si
parla di circa una quindicina di imprese che cerca di approfittare del
boom offrendo prezzi più bassi a fronte però di viaggi
ancora più massacranti con autobus per niente all’altezza.
"In
Germania spiega Emanuele Faraone, direttore della Salemi, una delle
aziende leader i controlli sono sempre più rigorosi. Se non sono
in regola, scatta subito il sequestro del mezzo". Attualmente sembrano
tre i pullman fermi e bloccati in qualche stazione della polizia
tedesca, soprattutto in Baviera.
Il fenomeno quindi va avanti. Alimentato anche dal nuovo tipo di
immigrazione "mordi e fuggi" che sta caratterizzando questo nuovo esodo
di lavoratori dal Sud Italia. Operai, impiegati, tecnici, laureati e
diplomati che partono per occupazioni nel Nord Italia e in Germania ma
senza spostare la propria famiglia. Facendo però ritorno a casa
ogni tre o quattro settimane o anche più, in una sorta di
pendolarismo allungato. E così un’azienda di trasporto
arriva a
far viaggiare in un anno anche dieci-dodicimila persone. Staccando fino
a ventidue-ventiquattromila biglietti. "Quello che più mi
tormenta spiega il sindaco di Ribera (Agrigento), Giuseppe Cortese
è la fuga dei nostri laureati. Non ne resta neanche uno.
Dobbiamo fare di tutto per creare di nuovo le condizioni
affinché i nostri giovani non fuggano più". Così
come si fece alla fine degli anni Ottanta, per chi voleva coltivare la
terra della sua Sicilia. "Sono stati molti gli emigranti di ritorno
dall’Europa, una decina di anni fa ricorda Cortese per comprarsi
un
pezzo di terra e coltivare le arance. Che qui sono le più buone
del mondo. Ora dobbiamo fare la stessa cosa anche perché in
possesso di una laurea o di una specializzazione. Il problema è
che adesso tornano ad emigrare anche quei contadini che erano tornati.
Stretti da mancati guadagni per la recente crisi idrica da una parte e
la mancata assistenza regionale dall’altra. "Raccoglievo olive e
arance
racconta Calogero, trenta anni, giovane di Raffadali, sempre
nell’Agrigentino ma la concorrenza dei clandestini rumeni e
nord-africani qui ha fatto scendere a dismisura i salari. Due anni fa
erano novecento euro al mese, ora appena cinquecento. Agli irregolari
ne danno appena quattrocento, rigorosamente in nero". Calogero ha
iniziato così a lavorare da muratore a Parma, prendendo il
pullman andata e ritorno una o due volte al mese. "Non è proprio
così ribatte il primo cittadino di Ribera, Cortese è che
il siciliano è ancora innamorato del posto fisso, specialmente
se statale. Mi arrivano richieste del genere ogni giorno. Ma di lavoro
temporaneo, stagionale, specie se in agricoltura, qui nessuno ne vuole
sapere". E così, paradossalmente, i clandestini e gli
extracomunitari vanno ad occupare gli spazi lasciati vuoti dai nuovi
emigranti siciliani, che sembrano mettere il posto fisso statale, come
detto, davanti a tutto. Anche se non sempre è così. Un
esempio? Un’altra delle aziende leader nel trasporto dei nuovi
emigranti, quella di Giuseppe Cuffaro, fratello del presidente della
Regione Sicilia, ha rischiato di chiudere i battenti qualche anno fa
perché, come ci ha raccontato lui stesso, "sei si sono
licenziati dalla sera alla mattina, contemporaneamente, perché
avevano vinto un concorso da bidelli nelle scuole elementari del Nord
Italia. Se ne sono andati pur perdendo circa ottocento euro al
mese...".
dal nostro inviato
FAMIGLIE ALL'ESTERO
AGRIGENTO - Spariti i muratori e
gli idraulici a San Biagio Platani, svanita nel nulla una squadra di
calcio di II Categoria a Sant’Angelo Muxaro, scuole elementari a
Ribera
e nei paesi limitrofi che alcuni anni fa hanno rischiato la
sopravvivenza per le improvvise defezioni di decine di alunni.
Cartoline e immagini della nuova immigrazione in alcuni comuni
dell’Agrigentino, la zona più colpita dal nuovo esodo di
forza
lavoro. C’è poi anche la mancanza di forza lavoro in
diversi
settori dell’agricoltura, in cui sono ormai a farla da padrone
gli
immigrati extracomunitari, regolari e non. Situazioni queste
determinate dalla nuova fuga di lavoratori specializzati ma anche di
laureati e diplomati che spesso hanno conseguito il titolo di studio
nel Nord Italia e da lì non se ne sono voluti più andare
via.
Ma. Me
p.19
Agitazioni a Matera e Termoli, dove sono a rischio almeno 160 posti di lavoro
Tagli alla Barilla, i sindacati annunciano battaglia
ROMA "Contrastiamo con forza una scelta ingiusta e dannosa per il
territorio di Matera e devastante sotto il profilo produttivo e
sociale". È la presa di posizione dei sindacati lucani
sull'annunciata chiusura del pastificio Barilla di Matera, dove
lavorano 120 persone, a partire dal primo gennaio del 2006. Per Cgil,
Cisl e Uil la scelta conferma il malessere e le difficoltà in
cui versa il sistema produttivo italiano, mentre a pagare puntualmente
sono le realtà più deboli del Paese".
Per i segretari generali regionali, Michele Delicio (Uil), Nino
Falotico (Cisl) e Giannino Romaniello (Cgil), la volontà del
gruppo è "inaccettabile, perché non è possibile
che processi di riorganizzazione e ridefinizione di assetti produttivi
possano essere assunti senza tener conto del contesto sociale,
economico e di mercato del Mezzogiorno". Il sindacato lucano
farà della questione un motivo aggiunto per lo sciopero generale
del 30 novembre "per impedire che si consolidi un processo ormai
avanzato di deindustrializzazione del territorio lucano".
"Aumentano le chiusure di aziende. Il settore industriale è in
gravissima difficoltà. Non è finita. È anche per
questo che facciamo lo sciopero e non solo per una Finanziaria
diversa", avverte dal canto suo il leader Cgil, Guglielmo Epifani.
Ed è delicata la situazione anche a Termoli , in Molise, dove
oltre 60 persone rischiano il lavoro a causa, anche qui,
dell'annunciata chiusura del mulino Barilla, che dà lavoro a 22
dipendenti, mentre circa 40 persone operano nell'indotto. E i
sindacati, anche qui sul piede di guera, chiedono un incontro urgente
con i vertici Barilla e il presidente della Regione Michele Iorio (Fi).
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