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"Alessandro Romano"
To: elaml
Subject: MSG 04 - 200 - Sangue di Brigante
Date: venerdì 10 settembre 2004 23.33 |
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Rete di Informazione
delle Due Sicilie
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Sangue di Brigante
Quante volte passando per i boschi, le valli e le creste
montane della nostra Patria abbiamo palpato la forte presenza
di loro, i fieri artefici della più tragica
resistenza armata che la nostra Terra abbia mai conosciuto: I
Briganti.
Le stesse forti sensazioni che si provano sugli spalti
di Gaeta e di Civitella dove ancora echeggiano gli URRA' dei
giovani soldati delle Due Sicilie, dove il cannone rintrona in un eco
eterno la rabbia di una guerra impari ed ingiusta.
E'
lo spirito della Patria che, in quei luoghi che hanno visto la
esaltazione dei più alti ideali di giustizia e di amore per la
propria Terra, trasmette ai suoi figli prediletti le sensazioni
più struggenti.
Il
compatriota Vincenzo che ci scrive, prima di essere immerso nella
verità storica, sentiva che quei paesaggi a lui cari emanavano
un fascino irresistibile, una intensa bellezza ma non
sapeva andare oltre, non conosceva le anime di quei
luoghi.
Adesso
che la nebbia delle menzogne e dell'oblio si è diradata, tutto
è diverso e quei monti e quei boschi da belli diventano sacri,
da solitari diventano affollati da una moltitudine di guerriglieri in
armi. E
come per incanto diventa uno di loro.
E'
il sangue di brigante che si ribella e ribolle di
rabbia e di amore per una terra troppo bella per essere offesa,
troppo cara per essere dimenticata.
Cap.
Alessandro Romano
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Trasmettiamo
la lettera del compatriota Vincenzo Di Francescangelo che, per la sua
commovente passionalità e per la sua accorata semplicità,
merita di essere conosciuta e meditata.
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Un saluto mio capitano,
Sono Vincenzo della gendarmeria dei
confini del nord, il Cicolano.
Ti devo ringraziare perché
questa estate sono tornato in quei luoghi che mi riempiono gli
occhi di gioia, però guardandoli con il cuore. E questo grazie a
te e a tutte le cose che ho letto sulla nostra Patria e sugli eroi che
l'hanno popolata.
Mi sono trovato spesso ad incantarmi
in prossimità di una macchia di faggio o sui bordi di un
ruscello e vedevo i nostri avi che mi guardavano mentre mangiavano pane
e formaggio. Li vedevo in piedi con i vestiti laceri ed impolverati,
con le barbe lunghe ed i capelli sporchi. Erano in piedi perché
continuamente braccati dai bersaglieri e, peggio, dalla guardia
nazionale, i loro fratelli. Masticavano e mi guardavano ... mi
sorridevano, gli cadevano molliche di pane sulle giacche sporche
perché vivevano alla macchia da giorni, da settimane,
da anni. Sparavano uccidevano e venivano uccisi, eppure sorridevano. Li
ho visti salire a cavallo e prendere su per la costa della montagna per
trovare un posto per la notte, un rifugio più sicuro. Li ho
visti diventare ombre con lo sfondo del sole che tramonta, fino a
diventare dei puntini all'orizzonte e svanire nella natura.
Mio capitano, io queste cose le ho
immaginate davvero tutte quelle volte che sono passato a piedi sulle
mie montagne e tutte le volte mi è venuto un groppo alla gola e
le lacrime agli occhi. Mi dispiace di essere nato oggi ... avrei voluto
vivere con loro sui monti, soffrire con loro, mangiare con loro pane e
formaggio appoggiato ad un fucile e, magari, avrei visto un mio
discendente del 2004 mentre passeggiava nei boschi e che, a differenza
di me, sorrideva con noi. Quel suo sorriso ci avrebbe fatto capire
e pensare, mentre salivamo la montagna, che la nostra causa
sarebbe andata a buon fine, nonostante tutto, e che i
nostri fratelli non erano morti invano e che, soprattutto, i
nostri discendenti sarebbero stati liberi di leggere le nostre gesta a
scuola, sui libri di testo, e liberi di festeggiare le date a noi care.
Scusami, ma volevo farti partecipe dei
miei sentimenti anche se, magari, non riesco a metterli giù bene
grammaticalmente. Ma è ciò che ho nel cuore anche se non
mi riesce facile scriverlo.
Spero di non averti annoiato,
ti auguro salute. A presto risentirci.
Qui ai confini del nord, nel Cicolano tutto va bene...
Vincenzo Di Francescangelo
Il
seguente proclama fu scritto dall'illustre Giacinto De Sivo, scrittore
e Legittimista che seppe raccogliere in poche ma toccanti righe
la tragica e tenace resistenza che il Popolo Meridionale stava
opponendo ad una crudele e devastante invasione.
Traspare
evidente che tra gli alleati fedeli dei Briganti vi erano i monti
Appennini "fatti da Dio per la nostra indipendenza".
Cap. Alessandro Romano
Gaeta e Civitella crollano sotto le bombe, ma sono
incrollabili gli Appennini fatti da Dio per la nostra indipendenza.
Fuori lo straniero! é il grido terribile di tutta una gente
oppressa: ogni valle, ogni grotta, ogni macchia ne ripete l'eco; un
popolo non può tutto andare in esilio, o in carcere, o in tomba.
Vi saran sempre braccia per combattere e seppellire l'avido invasore
sotto le campane glebe. Assaporati i mali dello straniero governo
"liberatore", i Napoletani rimpiangono la pristina pace, e il loro
patrio governo. Viste le rapine delle "annessioni", anelano a' benefici
della restaurazione; visto il re Sabaudo, rivogliono il re Borbone.
Questa volontà é manifesta. Lo dicono gli stessi
oppressori, co' loro eccessi; eglino stessi appellano borbonica la
reazione; e di più l'han battezzata malvagia. Il venirci ad
incatenare é eroismo; il volerci noi redimere é
malvagità! Ma se l'azione fu rea, la reazione é santa.
Che vale che i tristi la dicano "brigantesca"? Ne avete tolte l'arme a
tradimento, e siamo briganti combattendovi senz'arme alla svelata? Briganti
noi combattenti in casa nostra, difendendo i tetti paterni; e
"galantuomini" voi venuti qui a depredar l'altrui? Il padrone
di casa é il brigante, e non voi piuttosto venuti a
saccheggiarne la casa? Ma la coscienza universale ha giudicato; e
già l'Europa ha imparato a intendere a rovescio le vostre
parole. Se siamo briganti, quel governo che sforza tutto un popolo a
briganteggiare é perverso. Quel governo che s'impone con le
bombe e le fucilazioni é spietato; e se prima poteva avere amici
fra gli illusi, dopo la prova ha solo oppressi che l'aborrono. E questo
nome stesso di briganti, che fu già tristo ed abbietto, noi lo
facciamo amare dall'anime gentili, e lo renderemo
glorioso.
Sinché il re combatteva, noi eravamo con esso su' campi
dell'onore; oppresso il re, era da scegliere fra il servaggio e la
morte. Fu necessità salire su' monti a trovar la libertà.
E quasi un anno che combattiamo nudi, scalzi, senza pane, senza letto,
senza giacigli, sotto i raggi cocenti del sole, o fra' geli
dell'inverno, entro inospitali boschi, sovra sterili lande, traversando
fiumi senza ponti, travarcando muraglie senza scale, affrontando inermi
gli armati, conquistando con le braccia le carabine e i cannoni, e
strappando pur su' piani campi di Puglia e di Terra di lavoro la
vittoria a superbissimi nemici. E' quasi un anno che versiamo il
sangue, fra le benedizioni de' sofferenti, sostentati dall'amore de'
popoli più miseri di noi, e sorretti da quel Dio che non
abbandona mai gli oppressi. E' un anno che sventoliamo sugli occhi di
questi vani strombazzatori di trionfi, la santa bandiera de' gigli che
essi indarno cancellano da' patrii monumenti, e che sono sculti nei
cuori di nove milioni d'abitanti. Viva Francesco! é l'unanime
grido de' prodi.
Monte
Vulture, 1861
Giacinto dé Sivo
Briganti
Meridionali
Il riposo dei Briganti
La gloriosa Fortezza di Civitella del
Tronto
La gloriosa Fortezza di Gaeta
