Zenone di Elea
Filosofo e matematico greco nacque tra il 490 e il 500 a.C., incerta
invece la data della morte. Fu discepolo di Parmenide e uomo politico
impegnato contro la tirannide.
Visse ad Elea fino a quando la città non cadde sotto il
dominio
di un tiranno che egli cercò di contrastarlo con ogni mezzo,
persino al prezzo della propria vita.
Venne arrestato e sottoposto a tortura perchè rivelasse
i nomi
dei suoi amici cospiratori. Zenone fece i nomi di persone vicine
al tiranno e queste furono messe a morte.
Affermò poi di voler svelare un segreto all'orecchio del
tiranno, e quando questi gli fu vicino, gli addentò l'orecchio
con grande forza nel tentativo di staccarglielo. Lasciò la presa
solo quando le guardie del corpo lo costrinsero con la forza.
Si mozzò infine la lingua con i suoi stessi denti, per evitare
di parlare ancora sotto tortura, e sputò la punta in faccia al
tiranno stesso.
Fu allora stritolato in un mortaio.
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Zenone
di Elea
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Zenone soffermò la sua attenzione su molti fenomeni fisici
ricavandone
più di quaranta paradossi. Particolarmente interessanti e furono
quelli che riguardavano il movimento, noti come i
paradossi di Zenone:
- Il paradosso della dicotomia (per muoversi da A a B si
dovrà prima effettuare metà del tragitto e, prima ancora,
metà della metà, e così via all’infinito
senza ma
giungere a B).
- Il paradosso di Achille e della Tartaruga.
- Il paradosso della freccia (in movimento-immobile).
- Il paradosso dello stadio (il doppio è uguale alla
metà.).
Da Aristotele venne definito padre della dialettica. In effetti il
metodo dialettico – inteso come un argomentare che non si limita
ad
affermare una tesi, ma si prefigge di confutare l’eventuale
negazione –
fu utilizzato da Zenone per difendere le tesi del suo maestro,
Parmenide.
Contro la molteplicità, ad esempio, Zenone affermava che
- se vi sono più cose, allora esse sono ad un tempo simili e
dissimili;
- se vi sono più cose, allora esse sono divisibili e
indivisibili;
- se vi sono più cose, allora esse sono uno e molti;
- se vi sono più cose, allora sono esse sono grandi
all’infinito e piccole all’infinito.
Il metodo di Zenone venne poi ripreso nelle
Confessiones, da
sant’Agostino, il
quale argomentò che un secolo non è presente,
perché stiamo vivendo in uno solo dei suoi anni; analogamente un
anno non è presente perché siamo vivendo uno solo dei
suoi mesi e via dicendo. Ne dedusse poi che passato e futuro non
esistono, e c’è solo il presente, che prende tre forme
differenti: Presente del passato, Presente del presente e Presente del
futuro. Infine il grande santo osserva che il presente del passato vive
nella memoria e il presente del futuro nell’attesa.
Jorge Luis Borges trae dai paradossi di Zenone le basi del suo pensiero
su temi quali il tempo, l’infinito, la realtà. Ne
La perpetua corsa di
Achille e la tartaruga scrive:
Noi (la indivisa totalità che opera in noi) abbiamo sognato il
mondo. Lo abbiamo sognato resistente, misterioso, visibile, ubiquo
nello spazio e fermo nel tempo; ma abbiamo ammesso nella sua
architettura tenui interstizi di assurdità, per sapere che
è finto.
L'importanza di Zenone nel campo della filosofia e della scienza
è nell’aver intuito la necessità di saldare
l'indagine
sulla natura (fisica) al nuovo strumento della logica (matematica
logica): ma questa scoperta fondamentale della scuola di Elea viene ben
presto abbandonata, anche per opera del prevalere della fisica
aristotelicva, e dovranno passare molti secoli prima che la scienza e
la filosofia la rivalorizzino.
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Porta di ingresso
alla città di Elea
nel Cilento.
Era detta la Porta Rosa
perché al tramonto
il sole la rende
di
questo colore.
Parmenide diceva
che la porta divideva
i sentieri
del Giorno e della
Notte:
nei suoi pressi
egli amava scrivere
e declamare i versi
della sua opera filosofica
"Sulla Natura.
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Scrive Geymonat
nella sua Storia del pensiero filosofico:
"Zenone
di Elea, più giovane di Parmenide di circa venticinque anni, fu
un
ingegno acuto, sottile, vigorosamente polemico. E' considerato il
fondatore
della dialettica (dialettica formale , però, non reale) per gli
argomenti
ideati a difesa dell'unità e dell'immobilità dell'essere.
Oltre che di filosofia, si occupò di politica e contribuì
notevolmente al buon
Governo di Elea: Morì con grande fierezza - non si sa l'anno
preciso - per aver
cospirato contro il tiranno della città ( Nearco o Diomedonte).
Sulla sua fine
si tramandano vari particolari che ne confermano l'eccezionale
coraggio. Ecco,
per esempio, una versione dei suoi ultimi istanti: "Antistene, nelle
Successioni, racconta che Zenone, dopo aver denunziato (come
cospiratori) gli
amici del tiranno, fu da questo interrogato se c'era qualche altro
complice.
Egli rispose: tu, la rovina della città. E poi rivolto ai
presenti esclamò: Mi
meraviglio della vostra viltà, se siete servi della tirannide
per timore di
questo che ora io sopporto. Da ultimo, mozzatosi coi denti la lingua,
gliela
sputò addosso. I cittadini allora, incitati da questo esempio,
subito
abbatterono il tiranno".
I celebri argomenti di Zenone in difesa della filosofia di Parmenide
mirano a
provarci che, se la negazione del movimento e della molteplicità
può a prima
vista apparire assurda, l'ammissione di essi conduce tuttavia ad
assurdità
ancora più gravi, nascoste, ma non risolte, dal linguaggio
ordinario. Il perno
di tali argomenti consiste nella dimostrazione che: sia nella nozione
di
movimento, che in quella della pluralità, si annida il delicato
concetto di
infinito. Lo studio matematico dei limiti - compreso nel programma
degli ultimi
anni del liceo scientifico - mostrerà quante cautele siano
necessarie nella
trattazione dell'infinito.
Immaginiamo che un mobile debba spostarsi da un estremo all'altro di un
dato
segmento: prima di aver percorso tutto il segmento, dovrà averne
percorso la
metà; prima di questa, la metà della metà, e
così via all'infinito. In modo
analogo, se il piè veloce Achille vuole raggiungere la
lentissima tartaruga,
che lo precede di un tratto s, egli dovrà percorrere:
innanzitutto
questa distanza s, poi il tratto s' percorso dalla
tartaruga
mentre Achille percorreva s, poi il tratto s''
percorso dalla
tartaruga mentre Achille percorreva s', e così via
all'infinito.
Nell'un esempio come nell'altro, il fatto - in apparenza semplicissimo
- del
movimento si frantuma in infiniti moti, sia pure sempre più
piccoli, ma non mai
nulli. Proprio questa loro infinità è causa di profonde
difficoltà concettuali,
che non possono non rendere perplesso qualsiasi uomo disposto al
ragionamento.
Quanto all'argomentazione di Zenone contro la molteplicità, essa
si svolgeva
così: supponiamo che esistano due entità A e B
distinte; per
il fatto di essere distinte, queste due entità devono risultare
separate da uno
spazio intermedio C. Ma C è distinto tanto
da A quanto
da B, e quindi esisteranno altri due elementi D e E
che separeranno rispettivamente C da A e da B,
ecc.
Poiché ciò può venir ripetuto all'infinito, se ne
conclude che l'ammissione di
due entità distinte conduce di necessità all'ammissione
di infinite entità.
Al fine di porre luce sulle difficoltà logiche di
quest'ammissione, Zenone
passava poi a dimostrare come, partendo da essa, si debba giungere a
negare
l'esistenza di qualsiasi lunghezza finita. Ed infatti - così
ragionava - se gli
elementi che costituiscono un segmento AB sono infiniti, o
essi sono
nulli, o non sono nulli; nel primo caso la lunghezza del segmento non
può che
essere nulla (perché la somma di infiniti zeri è uno
zero); nel secondo non può
che essere infinita (perché la somma di infinite quantità
diverse da zero è
infinita).
Sarebbe ingiusto considerare questi due ragionamenti zenoniani (e altri
che,
per brevità, siamo costretti a tralasciare) quali semplici
sofismi o
pseudo-ragionamenti. In realtà, essi attirano efficacemente la
nostra
attenzione su talune gravissime difficoltà dei due concetti di
movimento e
lunghezza, dovute all'inevitabile introduzione dell'infinito, sia
allorché si scompone
un intervallo di tempo (o il moto attuatesi in questo tempo), sia
allorché si
scompone un segmento."
L. Geymonat Storia del pensiero
filosofico
vol. I Laterza pag 21,
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