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INTERPELLANZE INTORNO A DIVERSE STRADE FERRATE

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TORNATA DELL’11 APRILE 1861

PRESIDENZA DEL COMMENDATORE RATTAZZI.


SOMMARIO. Risultamento della prima votazione per la Giunta del bilancio, e nuovo squittinio — Votazione per un componente della Commissione della Cassa depositi e prestiti, ed uno della Commissione di sorveglianza del Debito pubblico. — Congedo. — Avvertenza del deputato Tari riguardo ad alcune parole del deputato Brofferio circa i frati benedettini — Spiegazioni del deputato Brofferio, e cenno del deputato Leopardi. — Verificazione di poteri. — Interpellanze del deputato Rasponi sulle ferrovie della Romagna e delle Marche — Domande, istanze ed osservazioni circa strade ferrate di parecchie provincie, dei deputati Borgatti, Mayr, Cini, Massari, Toscanelli, Plutino, Briganti-Bellini e Cardente — Schiarimenti diversi del ministro dei lavori pubblici — Repliche dei deputati Rasponi e Toscanelli — Osservazioni e istanze del deputato Di Rorà circa il porto di Ravenna — Domande del deputato Pescetto, e riserve del ministro — Repliche — Sollecitazioni del deputato Castellano, e risposte del ministro. — Relazione sul disegno di legge per l’intitolazione degli atti pubblici. Rassegna dei lavori della Camera, e istanza fatta dal PRESIDENTE. — Risultamento della seconda votazione per la nomina della Giunta del bilancio.

La seduta è aperta all’una e mezzo pomeridiane.

NEGROTTO, segretario, dà lettura del processo verbale della tornata precedente, il quale è approvato.

[…]

INTERPELLANZE INTORNO A DIVERSE STRADE FERRATE.

PRESIDENTE. Sono ora all’ordine del giorno le interpellanze del deputato Rasponi al signor ministro dei lavori pubblici, intorno alle strade ferrate delle Romagne e delle Marche.

Il deputato Rasponi ha facoltà di parlare.

RASPONI. Dopo gl’importanti dibattimenti che ebbero luogo in questo recinto ne’ giorni scorsi, io esito alquanto a levare la mia debole voce intorno ad argomento di pubblici lavori; ma, quando io penso come debba stare a cuore del nuovo Parlamento italiano l’incremento degli interessi materiali e lo svolgimento progressivo della prosperità dell’ intiera nazione, io mi riprometto la vostra cortese attenzione.


Deputato delle Romagne, di quei paesi i cui interessi materiali furono così a lungo trascurati dal pontificio Governo, è debito mio d’invocare tutta la sollecitudine del Governo del

Re intorno a quelle provincie e intorno agl’interessi materiali che le riguardano.

Di recente, nelle discussioni che ebbero luogo per gli affari di Napoli, io udiva un deputato, se non m’inganno, l’onorevole Massari, il quale diceva che una delle immoralità più grandi che contrassegnavano l’immoralissimo Governo borbonico si era quella di aver trascurati i grandi lavori pubblici dell’ex-regno napoletano.

Altrettanto può dirsi, e con maggior ragione, forse, dell’ex-Governo pontificio. Non fu senza grande esitazione che il Governo del pontefice si decise, alcuni anni or sono, ad accettare in massima lo stabilimento delle ferrovie nei proprii Stati; fu lunga e molto agitata la questione nel Consiglio dei ministri d’allora; e, se le strade furono accettate in massima, fu soltanto pel riflesso che il cattolicismo poteva anch’egli alla perfine trovarvi il suo profitto.

Ma io rammento inoltre che, allorquando era compita la strada ferrala da Civitavecchia a Roma, il Santo Padre, che si recò ad inaugurarla, pronunciava solennemente un discorso, nel quale asseriva che la soddisfazione principale per lui, di vedere condotta a termine quella ferrovia, si era quella di avere agevolato il concorso dei fedeli cattolici a visitare le tombe dei santi apostoli Pietro e Paolo.

Io non so quanto potente fosse un tale stimolo nel Santo Padre, imperocché, se potente egli era, doveva essere suo vivissimo desiderio che le strade ferrate procedessero rapidamente, e queste avrebbero da lungo tempo trovalo il loro compimento negli Stati di Sua Santità. Nel fatto però esse non furono compiute in poco tempo che per il breve tratto da Roma a Frascati, nella direzione del confine napoletano; la linea principale, quella che doveva traversare tutti i dominii pontificii, rimase lungo tempo un puro desiderio. Concessa nel 1836, i lavori non cominciarono né in quell’anno, né nella prima metà del successivo 1857. Fu soltanto allorquando il Pontefice si decise a peregrinare pe’ suoi Stati che un simulacro di lavori si vide intrapreso nelle vicinanze di Ancona; dico simulacro, imperocché consisteva in alcuni movimenti di terreni sabbiosi in vicinanza del mare.

Le strade ferrate si credettero allora in qualche modo appoggiate dal Governo pontificio, ma in realtà questi poco si curava che i patti assunti dalla società concessionaria fossero con prontezza ed esattezza eseguiti. Non fu se non alcuni mesi prima del cambiamento di Governo che i lavori cominciarono con qualche attività e solerzia. Stabilitosi il Governo delle Romagne, e poscia quello dell’Emilia, fu riconosciuto, previe alcune modificazioni, il contratto passato tra il Governo pontificio e la società delle strade ferrate romane. Ma, come io dissi, i lavori e l’amministrazione delle strade ferrate erano ben lungi dall’avere un andamento regolare. Ciò nondimeno i lavori erano in pochi mesi tanto avvantaggiati, perché si potesse supporre che presto l’intiera strada fosse condotta a termine, quando, or son tre mesi, i popoli di quelle provincie furono sconfortati dalla notizia del fallimento Mirès e del grave dissesto che poteva portare negli affari della società concessionaria.

Io rammento benissimo le parole incoraggianti che il signor ministro dei lavori pubblici volle rivolgermi nei giorni scorsi; queste parole io sono certo che avranno prodotto un ottimo effetto; ciò nondimeno io non posso nascondere che l’inquietudine che si manifestò quando fu conosciuto il fallimento Mirès era di qualche gravità, ed aggiungerò ancora che a questa si associavano ragionevoli diffidenze e timori, inquantoché le cose in quelle strade ferrate hanno sempre proceduto con molta irregolarità.

Rammenterò al signor ministro dei lavori pubblici, perché egli deve pensare a tutte quante le parti che concernono il pubblico interesse in fatto di strade ferrate, che le opere murarie dello stradale che sono già condotte a un sufficiente sviluppo sono imperfette, e tali sono giudicate, non solo dal consenso universale, ma dalla voce d’ingegneri valenti. Non ignorerà forse il signor ministro come il ponte di Cesena sul fiume Savio, ponte di sei o sette archi, è caduto due volte.

È inoltre debito mio in quest'occasione, poiché parlo di una ferrovia importantissima, il dire che, al momento in cui parlo, sono sospesi in alcune parti dello stradale i lavori per rifiuto dei proprietari di lasciar lavorare sul loro terreno, e, senza entrare in minuti particolari, dirò che ciò è avvenuto nelle vicinanze di Rimini. Raccomando al signor ministro tutta la possibile sollecitudine, perché questi sconci, che possono essere di qualche gravità, non ritardino più oltre nell’avvenire il compimento della strada ferrata. Chiedo poi al signor ministro quegli schiarimenti che egli crederà potermi dare senza compromettere l’esito delle trattative che corrono fra il Governo ed il Consiglio d’amministrazione della società. Gli schiarimenti varranno a tranquillare le popolazioni delle Marche e delle Romagne intorno al prossimo compimento della ferrovia da Bologna ad Ancona.

Non è mio intendimento di parlare dell’importanza di questa strada, imperocché credo che tutto il Parlamento ne sia pienamente persuaso. Questa ferrovia infatti conduce al porto d’Ancona, che già appartenne al regno d’Italia ed è destinato a diventare un porto militare di grandissima importanza, e il territorio attraversato da essa è uno dei più ricchi e popolosi d’Italia.

Aggiungo ancora una osservazione. Un pensiero angustiava alquanto le popolazioni delle Romagne, ed era quello che s aspettasse ad aprire l’intiero tronco da Bologna ad Ancona, quando fossero compiuti i lavori, anziché aprire subito alla circolazione quei tratti che, partendosi da Bologna o da Ancona, fossero più prossimamente condotti in tale stato da aprirsi al pubblico servizio.

Io spero che il signor ministro vorrà rassicurarmi anche su tale proposito.

Qui vengo a parlare della ferrovia che è destinata a congiungere Ravenna alla ferrovia centrale.

Io so che una convenzione è firmata colla stessa società delle strade romane; e so che gli studi sono compiuti, e che per il tronco suddetto si sarebbe già potuto dar cominciamento ai lavori.

Sono ben lontano dal pensare che il Governo avversi questo tronco di ferrovia che conduce ad una delle importanti città dello Stato, ma comprendo che una tale idea può essersi ingenerata nell’animo di alcuni, in causa dell’indugio apportato nell’incominciare i lavori, e sopratutto dell’opinione invalsa e accreditata nelle provincie nostre, che un tal tronco, essendo stato concesso in principio dal Governo dittatoriale del cavaliere Farini nell’Emilia, il Governo attuale di S. M. doveva ritenersi sufficientemente autorizzato ad ordinarne la esecuzione, senza che fosse necessaria la sanzione del Parlamento; se questo dubbio rimuoverà il signor ministro colle sue parole, io glie ne sarò grato.

Il commercio di Ravenna ha acquistato in questi ultimi anni tanto sviluppo, che il ritardare ancora l’esecuzione di una ferrovia che congiunga quella città alla ferrovia centrale sarebbe ingiusta cosa, perché incepperebbe quel commercio nascente che tanto promette fin d’ora, e che ha d’uopo di essere agevolato ed incoraggiato.

Come Ravenna, Lugo, mercato floridissimo delle Romagne, e tutta la bassa Romagna, hanno bisogno di essere allacciate da una ferrovia che le riannodi a tutta la rete ferroviaria italiana.

Questi bisogni io confido saranno compresi dal ministro dei lavori pubblici non solo, ma dal Parlamento, se a lui sarà per demandarsi l’approvazione della relativa convenzione.

Un ultimo oggetto mi chiama a muovere un’altra interpellanza al signor ministro dei lavori pubblici.

Avvi un progetto di ferrovia che interessa assaissimo le popolazioni delle Romagne e della Toscana; questo progetto si è quello di aprire una ferrovia diretta che metta in pronta e facile comunicazione il vero centro di Romagna con Firenze e Livorno, e congiunga col più breve tragitto i due mari Adriatico e Mediterraneo, partendo dagli estremi punti di Livorno e Ravenna.     .

Questo concetto, che non è soltanto d’interesse italiano, ma oso dire internazionale, perché apre uno sbocco facile e ràpidissimo alle provenienze da Trieste e da Germania, le quali affluiscono naturalmente ed in grandissima copia a Ravenna in forza della crescente importanza e miglioramento del suo porto (prova ne sia l’incasso delle dogane che ascese nell’anno scorso a poco meno di un milione di lire), questo concetto, io dico, fu tanto compreso dall’opinione pubblica, che il governo del barone Ricasoli, d’accordo col governatore dell’Emilia cavaliere Farini, nominarono nei primi mesi del 1860 una Commissione, la quale doveva esaminare le diverse proposte per il tracciato di quella via e decidere con voto a quale delle vallate transapennine della Toscana si dovesse dare la preferenza per la ferrovia a concedersi.

Ma, mi duole il dirlo, se vi è caso che provi come le Commissioni in genere valgano ad incagliare piuttosto che ad affrettare il disbrigo degli affari, si è questo del quale io parlo.

È incredibile a dirsi, ma pur vero, che volge un intero anno dacché la Commissione fu istituita, e niun parere fu peranco emesso, e le benefiche disposizioni del barone Ricasoli e del cavaliere Farini, non che il grande desiderio delle popolazioni direttamente interessate, rimasero completamente deluse. Io chiedo al signor ministro quali siano le cause della lentezza della Commissione, e se egli conviene meco dell’evidente opportunità di affrettare un tanto desiderato parere di cotesta Commissione; poiché è fuor di dubbio che, fino a tanto che la Commissione abbia espresso un parere qualunque sopra il tracciato di questa via, nessuna società si presenterà a domandarne la concessione.

Sarò grato all’onorevole signor ministro dei lavori pubblici, se vorrà dare adeguata risposta alle domande che ho credulo di muovergli nell’interesse delle Romagne e nell’interesse d’Italia.

PRESIDENTE. Il deputato Borgatti ha facoltà di parlare.

BORGATTI. Le interpellanze dell’onorevole mio amico Rasponi sulle ferrovie delle Romagne mi offrono il destro, e m’impongono il dovere di rivolgere anch’io brevi parole al signor ministro dei lavori pubblici, per fargli poscia una preghiera.

La legge dell’8 di luglio 1860, portante l’approvazione per la costruzione di una ferrovia che dal Po per Ponte Lagoscuro e Ferrara venisse a congiungersi alla linea dell’Italia centrale, diede occasione ad una disputa assai grave, che si agitò innanzi al signor commendatore Jacini, allora ministro dei lavori pubblici, relativamente alla direzione più conveniente da assegnarsi alla ferrovia predetta.

L’illustre Paleocapa, allorché la legge fu discussa in Senato, aveva raccomandato una linea, che, tenendosi sempre alla sinistra del Reno, onde evitare la inutile costruzione di un ponte, e percorrendo le ricche terre del Centese e del Persicetano, sboccasse nella centrale ad un punto che non fosse troppo lontano né da Bologna né da Modena, per soddisfare egualmente agli interessi speciali di questi due centri di popolazione, e così agli interessi generali del commercio coll’alta, colla media e colla bassa Italia.

Ma avendo questa savia ed autorevole proposta incontrate talune opposizioni, nacque allora l’idea di due linee, che, muovendo egualmente da Ferrara, accennassero l’una direttamente per Bologna al porto di Ancona e di Livorno, l’altra per Modena al porto di Genova e a tutta l’alta Italia.

Altri invece pensava che lo stesso scopo potesse esser raggiunto con una linea sola da Ferrara a Cento, diramando di qui due brevi tronchi che si congiungessero alla centrale, l’uno a Bologna e l’altro a Modena.

Veramente, guardata la cosa con occhio imparziale, quest’ultima proposta era ad un tempo la più ragionevole ed economica, e la più acconcia a soddisfare gl’interessi di tutti. Essa, in fatti, riportò il suffragio d’uomini, la di cui competenza ed autorità non poteva essere da alcuno contestata. Ma alla compagnia concessionaria non piacque di acconciarvisi.

Tuttavoìta il signor ministro Jacini, il quale aveva recato in questa grave contesa un grande zelo di pubblico interesse e molto spirito di conciliazione, nell’approvare in massima il progetto della compagnia, consistente in una linea da Ferrara a Bologna, per Poggio Renatico, San Pietro in Casale, San Giorgio, Corticella, non potè non riconoscere la grande utilità di una seconda ramificazione da Ferrara verso Modena. E ne fa fede una sua nota ufficiale diretta all’intendente generale di Ferrara, nella quale, esposte le diverse opinioni, veniva egli alle seguenti dichiarazioni:

«Tuttavia il ministro non volle omettere di sottoporre ad un’accurata e speciale disamina tutte le singole proposizioni che vennero messe in campo, e specialmente quella di una seconda ramificazione verso Modena, colla quale, oltre all’ottenere lo scopo di poter avviare con speditezza maggiore verso l’Italia centrale superiore, il Piemonte e Genova, il movimento commerciale procedente dal Veneto e da Ferrara per quelle destinazioni, si raggiungerebbe pur quello di soddisfare compiutamente ai bisogni di una zona importante di paese lasciata fuori dal contatto della linea diretta da Ferrara a Bologna. »

E più oltre: «Non è a negarsi d’altra parte che dallo studio istituito potè pure mettersi in sodo, come nell’interesse generale del commercio ed in quello dei rapporti di primo ordine, che sono per sorgere in un più o meno prossimo avvenire tra le provincie del Veneto e le provincie dell’Italia centrale superiore, e dell’alta Italia, debbe essere favorevolmente accolto il principio di condurre, appena lo si possa, un’altra ramificazione da Ferrara verso Modena. »

E non v’ha dubbio, o signori, che questa seconda ramificazione da Ferrara verso Modena non sia di alta importanza, non sia altrettanto conveniente che necessaria, tanto pei grandi interessi del generale commercio del Veneto, del basso Ferrarese, delle provincie degli ex-ducati, dell’alta Italia, della Liguria, di Genova, quanto per gl’interessi speciali di una zona di paese che è delle più fertili d’Italia, è delle più popolate d’Europa; di una zona nella quale, a pochi passi l’una dall’altra, s’incontrano ricche borgate e vi hanno le tre città del Finale, di Cento, di San Giovanni in Persiceto, rinomate pei loro mercati, e alcuna di esse ancora per glorie italiane.

Aggiungo che questa seconda ramificazione è raceomandata pure dal sistema generale e completo delle nostre ferrovie, considerate nel duplice rapporto degl’interessi commerciali e strategici, come viene dimostrato da alcuni gravi lavori dettati da persone assai competenti, che mi recherò ad onore di presentare alla Camera, insieme alla nota del signor ministro Jacini.

Dopo queste premesse, pregherei, a nome anche de’ miei colleghi deputati ferraresi e di altri deputati delle provincie contermini, pregherei, ripeto, il signor ministro dei lavori pubblici ad aver la compiacenza di significarmi quali sieno i suoi intendimenti sulla costruzione di una linea, alla quale si associano tanti interessi, e di cui il suo antecessore riconobbe ufficialmente la importanza e la utilità.

MAYR. Deputato di Ferrara, io appoggio intieramente quanto è stato esposto dall’onorevole preopinante. La ramificazione di una ferrovia da Ferrara a Modena sarà utile e sotto l’aspetto militare e sotto l’aspetto commerciale.

Io, per brevità, non istarò a ripetere quanto è stato esposto dal preopinante.

Tuttavolta io raccomando al signor ministro la linea da Ponte Lagoscuro a Bologna. Questa linea è stata decretata, e fu assunta da una società la quale ha per obbligo di finirla nel 1861.

Ricordo al signor ministro che, malgrado quest’obbligo, appena si sono cominciati i lavori, e se procederanno come hanno fatto sinora, è impossibile che la strada sia finita nel tempo stabilito. Fo perciò istanza al signor ministro, perché spinga la società ad adempiere al suo obbligo.

CINI. Domando la parola.

PRESIDENTE. La parola sarebbe al signor ministro dei lavori pubblici.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. Io preferirei che parlassero prima coloro i quali hanno domande di schiarimenti a fare su questioni di strade ferrate, per rispondere a tutti in un tempo.

PRESIDENTE. Allora do la parola al signor Cini.

CINI. Giacché l’onorevole ministro dei lavori pubblici ha mostrato il desiderio che chi aveva a dirigergli delle domande intorno alle strade ferrate il facesse prima che rispondesse alle interpellanze del signor deputato Rasponi, io mi permetterò di rivolgergli alcune parole intorno ad una strada ferrata, la quale si connette con quelle che hanno formato soggetto di ciò che hanno detto gli onorevoli preopinanti. Qui fortunatamente non si tratta di una strada ferrata concessa a una società che sia oggi fallita, né di una di cui sia incerto il tracciato a seguirsi; gli è una strada ferrata concessa ad una società ricchissima, ed ai cui lavori si è posto mano già da molti anni: intendo dire della strada ferrata da Bologna a Pistoia.

La Camera non ha bisogno che io gli faccia la storia di questa impresa importantissima, poiché nella scorsa Legislatura fu approvato un nuovo contratto che il ministro credè di dover stipulare in modificazione di quello già esistente per i lavori di questa linea. Codesto contratto era senza dubbio diretto ad ottenere una maggiore attività ne’ lavori, una maggiore sollecitudine nell’apertura di questa importantissima strada.

Se io non sono stato mal ragguagliato, questo contratto non ha risposto alle aspettative, ed i lavori, invece di procedere più rapidamente, forse sono stati condotti con maggiore lentezza che per lo innanzi; intendo dire che almeno le clausole apposte nel nuovo contralto intorno al termine prefisso per il compimento dei lavori sono ben lungi dall’essere state osservate.

Mi permetterò quindi di domandare al signor ministro dei lavori pubblici, se veramente le prescrizioni contenute in questo secondo contratto approvato dalla Camera sono state eseguite; se vi è a sperare che, nei termini che sono stipulati, saranno aperti all’uso pubblico i tratti di strada ferrata che sono nel contratto indicati, e se sia vero, come alcuno pretende, che diggià sono stati dalla compagnia concessionaria domandate delle proroghe a quei termini.

Mostrando premura che sia compita sollecitamente quella linea, io non penso tanto all’utile grandissimo che ne risentirebbe la Toscana, all’utile che ne dovrebbe giustamente venire al commercio di Livorno, il quale, non dirò che abbia sofferto ultimamente, ma certo relativamente ad altre parti dello Stato non ha guadagnato; né all’utile che ne risentirebbe il commercio di tutte le provincie per le quali questa strada deve passare; ma solamente questo dirò, che la Toscana per la sua posizione geografica, cinta quasi da una muraglia di montagne, unita col cuore e coll’anima quant’altri mai al resto del regno ed alla sede del Governo, ne è per altro separata da molte ore di viaggio; e quando, alcuni giorni sono, l’onorevole ministro dei lavori pubblici ha annunziato, con soddisfazione universale, che fra 18 mesi da Torino si potrebbe andare a Napoli in istrada ferrata, con una brevissima interruzione, io non ho potuto a meno di sentire un gravissimo dolore, pensando che la Toscana, tanto innanzi unita al regno e tanto più geograficamente vicina, non potrebbe allora godere di un uguale beneficio.

MASSARI. Io colgo volontieri quest’occasione per rivolgere all’onorevole ministro dei lavori pubblici un ringraziamento ed una preghiera: lo ringrazio per le ampie e soddisfacenti spiegazioni che egli volle darmi in una delle scorse tonnate, e sovratutto per l’assicurazione, alla quale faceva testé allusione il mio onorevole amico il deputato Cini, vale a dire che tra 18 mesi la locomotiva percorrerà la distanza che ancora separa Torino da Napoli. Lo prego in pari tempo a volermi dare qualche schiarimento intorno ad una linea di via ferrata, la quale in realtà non è altro fuorché la continuazione di quella intorno alla quale sono versate le interpellazioni dell’onorevole Rasponi; intendo dire la via ferrata del litorale delle Puglie. Da Foggia muóverà una diramazione verso Napoli, e in pari tempo un’altra fino a Brindisi, e forse fino ad Otranto.

Io bramerei conoscere dal signor ministro dei lavori pubblici se egli può a quelle povere popolazioni promettere lo stesso beneficio di celerità che prometteva alle altre collocate lungo la strada da Foggia a Napoli. Non occorre gli rammenti che coll’attivare questa linea non solo egli avrà giovato gli interessi materiali e morali di quelle nobili popolazioni, non solo avrà reso un gran servigio al commercio europeo, ma avrà anche attuata in modo pratico ed efficace l’unità italiana.

PRESIDENTE. La parola è al signor Toscanelli.

TOSCANELLI. Ancor io avrei da fare delle interpellanze (Ilarità) al signor ministro dei lavori pubblici relativamente alla prosecuzione del tronco ferroviario che, partendo dal Fitto di Cecina, fa capo alle Saline. Qualora il signor ministro non fosse disposto ad accettarle in questo momento, in tal caso lo pregherei a fissare un giorno apposito per queste interpellanze.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. Subito.

TOSCANELLI. Il Governo della Toscana con legge dell’8 marzo 1860 accordava una parte della grande linea longitudinale mediterranea italiana che, partendo da Livorno, deve far capo a Civitavecchia, per indi proseguire a Brindisi; linea importantissima che servirà fra le altre cose al trasporto della valigia delle Indie.

Contemporaneamente il Governo stesso, accordava che da questa linea si diparta un tronco ferroviario che dal Fitto di Cecina farà capo alle Saline, dichiarando che questo tronco ferroviario doveva in seguito proseguire, onde unirsi al sistema delle strade ferrate toscane, facendo capo a Pontedera e percorrendo la vallata dell’Era, ovvero mettendo a Poggibonzi, dichiarando altresì che, qualora una società avesse domandato di costruire questo tronco, la società maremmana avrebbe avuto la prelazione a condizioni eguali per l’esercizio di questo tronco ferroviario. Io desidererei sapere le intenzioni del signor ministro qualora una nuova società assumesse la costruzione del proseguimento di questo tronco ferroviario dalle Saline fino a Pontedera; tronco che in seguito dovrà prolungarsi fino a Pistoia, e che servirà al commercio di tutto il versante occidentale italiano con l’Italia e con l’Europa orientale, in modo che la prosecuzione di questo tronco è di un’importanza immensa, non solamente per la Toscana, ma per una grande porzione dell’Italia meridionale.

10 penso che, se il signor ministro, in nome del Governo, dichiarasse che le stesse facilitazioni, le stesse concessioni, che sono state accordate alla società maremmana, verranno parimenti accordate ad una società che assumesse la costruzione di questo tronco, immediatamente si formerebbe una società, che domanderebbe di assumerne la costruzione e l’esercizio, producendo grande vantaggio per il bene della nazione.

PRESIDENTE. II deputato Plutino ha facoltà di parlare.

PLUTINO. La famiglia è cresciuta e tutti i figli dimandano pane (Si ride); in tal caso voglio anch’io la mia parte. Si parla di strade ferrate da qui sino a Napoli, si parla di strade ferrate da Napoli per le Puglie; pregherei anch’io il signor ministro, che l’altro giorno disse che aveva dato al signor Marsano l’incarico di studiare le strade ferrate della Sicilia, se da Napoli ci sarà anche una linea per le Calabrie.

Lasciando la strada ferrata, pregherò il signor ministro, poiché ha disposto che un vapore vada da Genova per Palermo a Messina, a voler disporre che questo vapore tocchi anche il porto di Reggio. Non è spesa che di qualche tonnellata di carbone; e, siccome fra le Calabrie e Genova ci sono molti scambi di merci preziose, come sono le sete, gli olii ed altre, sarebbe assai opportuno mettere in comunicazione quelle popolazioni, le quali stanno all’estrema punta d’Italia, con una capitale provvisoria quale è Torino.

L’altro giorno l’onorevole Ferrari parlava d’affetto, diceva ai signori ministri che le popolazioni del Napoletano non li amano. Perciò pregherei i signori ministri di accordare alle popolazioni della Calabria, che sono le più distanti, i mezzi di comunicazione onde possano in 52 ore recarsi a Torino, ed avere così l’occasione di contemplare le sembianze dei signori ministri ed imparare ad amarli. Dopo Napoli l’ancoraggio di Reggio è il più importante fra tutti quelli del continente napoletano; ma in questo porto non vi sono botti d’ancoraggio oltre a quelle che ha fatto il comune a sue spese.

Il signor ministro ha detto aver dato disposizioni in quelle regioni napolitane affinché si facciano studi sui bisogni delle popolazioni, e principalmente riguardo ai porti. Ora pregherei il signor ministro a voler disporre affinché il signor Ranco tenesse conto di questa circostanza, cioè che dopo Napoli non c’è ancoraggio nel continente che sia più frequentato dell’ancoraggio di Reggio, nel quale vanno a toccare tutti i bastimenti che imboccano dal mar Nero per passare lo stretto del Faro, ed in cui sarebbe utilissimo al commercio che ci fosse qualche botte d’ancoraggio.

Dirò di più: il signor ministro pare che abbia molte buone disposizioni a voler dotare quelle provincie abbandonate di opere pubbliche, lo Io prego però di ritenere che presso quelle popolazioni vi sono dei pregiudizi inveterati, e l’un pregiudizio è quello che si è creduto fino al giorno d’oggi che, di tutte le somme allogate alle opere pubbliche, se ne spendeva un terzo tutto al più, e che non si otteneva mai alcuna approvazione di alcun progetto di opera pubblica, se non c’era prima una significativa stretta di mano.      

Io quindi prego il signor ministro a voler disporre le cose in modo tale che i progetti non restino più ineseguiti presso la direzione dei ponti e strade; io mi sono fatto premura di presentare al signor ministro stesso un progetto, il quale mi è quasi coetaneo, perché data da trentotto anni.

Questo progetto è stato tutti gli anni presentato al Governo dell’ex-Borbone (Risa), ed in esso si trattava di mettere in comunicazione una popolazione di 150000 abitanti, i quali sono assolutamente esclusi dal consorzio umano.

Tutti gli anni per tre o quattro mesi nell’inverno (e mi appello al nobile deputato Carafa ed al signor deputato Crea, i quali sono di quei paesi), per tre mesi continui più che 150000 abitanti sono assolutamente impossibilitati a venire al capoluogo di provincia, e tutte le disposizioni governative che dal capoluogo debbono andare a Gerace od a Siilo, impiegano quattro giorni per andare al confine della provincia e quattro giorni per ritornare, ed il signor Niutta, il quale siede sui banchi dei ministri, può confermare questo asserto.

Quindi prego il signor ministro di avere in massima e speciale considerazione gli interessi di quella provincia, poiché quella provincia (e mi appello all’autorità del signor Devincenzi che resse i lavori pubblici del Napolitano), quella provincia è la meno dotata di opere pubbliche del Napolitano, e di tutta l’Italia per conseguenza.

BRIGANTI-BELLINI. Non vengo a domandarvi pane, come diceva l’onorevole Plutino, vengo a domandarvi parole, cioè promesse e spiegazioni.

Del resto, se la famiglia è accresciuta, tanto meglio per noi.

Io vengo a chiedere al signor ministro quali disposizioni siano state prese per un tronco di ferrovia, del quale si è data già una implicita assicurazione allorché l’onorevole ministro, rispondendo alle interpellanze dell’onorevole Massari, assicurò che entro breve tempo da Torino si sarebbe andato a Napoli in via ferrata, salvo piccole interruzioni in alcuni luoghi, che erano rese indispensabili.

Questo mi fa supporre che il Governo abbia pensato alla strada ferrata che da Ancona si dirige al Tronto, lo oltrepassa e va nelle provincie napolitane.

Benché questa assicurazione, ripeto, sia stata data implicitamente, tuttavia, a rassicurare quelle popolazioni da tanto tempo dimenticate dal Governo pontificio e dal Governo napolitano, credeva opportuno che l’onorevole signor ministro dei lavori pubblici potesse dichiarare che i, lavori di quella linea saranno sollecitamente incominciati.

CARDENTE. Postoché si viene a parlare alla Camera di strade, ferrate, io ricordo all’onorevole signor ministro che nel giorno 3 corrente lo pregava di schiarimenti sui lavori di una ferrovia che da Capua mena a Ceprano. Spero voglia esser cortese di favorirli.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. Io spero che la Camera vorrà essermi cortese d’attenzione e di compatimento nel lungo viaggio che dovrò fare attraverso la nostra Penisola, e pregherei gli onorevoli interpellanti a richiamarmi alle loro osservazioni nel caso che di qualcheduna mi dimenticassi.

Prima di tutto mi occuperò dell’argomento che è il più importante e di maggior utilità, quello sollevato dall’onorevole deputato interpellante, e che ha dato occasione ai vari discorsi che abbiamo udito, cioè delle opere delle strade ferrate romane.

Io non entrerò in tutti i particolari ricordati dall’onorevole interpellante; solo dirò quello che è necessario per dare un’idea alla Camera della presente condizione di quest’affare e delle speranze ché possiamo avere per la pronta esecuzione delle strade affidate a questa società, le quali sono il perno del sistema ferroviario italiano, destinato a collegare le nuove provincie meridionali colle antiche della valle del Po.

Nel 1856 fu, come diceva l’onorevole Rasponi, fatta la concessione delle strade ferrate romane. Io non potrei seguirlo nei particolari che ha esposti per dimostrare la poca buona volontà del Governo concedente, e la lentezza colla quale furono condotti i lavori nei primi anni. Dirò che i lavori trovansi oggi in condizioni tali da non lasciar a desiderare; imperocché la concessione assegnava a quella società il termine di dieci anni ad aver compita la linea da Bologna ad Ancona, e da Ancona a Roma, e certissimamente al punto in cui sono i lavori non vi sarebbe nessuna difficoltà di darli compiuti per l’epoca prestabilita.

I ritardi sono in parte dovuti alle condizioni finanziarie singolarissime di quell'impresa, la quale fu costituita con un capitale di 88 milioni in azioni, e di 98 milioni in obbligazioni, in tutto 180 milioni. Essa fece un contratto con la casa Mirès, la quale diventò in certo modo il banchiere della società, ed aveva per impegno di sottoscrivere tutto il capitale, di rimborsare le spese fino alla costituzione della società, di pagare gl’interessi del capitale e degl’imprestiti, ricevendo un premio di 30 milioni e mezzo.

Questa società delle strade ferrate romane, con deliberazioni dell’assemblea generale, diminuì della metà il numero delle sue azioni; da 170000 che erano, le ridusse a 88000. Per ottener poi un secondo versamento sulle azioni già collocate, o almeno che tali si dicevano, dispensò gli azionisti dal versamento dell’ultimo quinto delle azioni stesse; cosicché quelle di 800 franchi non ne diedero che 400.

Questo spiega come il capitale sarebbe oggi insufficiente al compimento dell’opera, se le ricordate deliberazioni dovessero compiutamente avere il loro effetto. Fortunatamente esse non ottennero l’approvazione del Governo, necessaria per renderle eseguibili ed irretrattabili.

Senza occuparci né di queste deliberazioni, né del modo onde sono stati erogati i danari raccolti colla vendila delle azioni e delle obbligazioni; senza intrattenerci specialmente di tre, quattro o cinque, non so bene, rescissioni di contratti di accollo, per le quali vennero spesi, credo, sette milioni; contratti che alcuni ritengono essere stati, almeno in parte, fittizi, collo scopo, appunto, di fare questo maneggio di fondi; è un fatto che oggi la società ha erogato per 100 milioni di capitale; di cui 17 milioni sono andati in questa operazione, che non mi farò a spiegare, e molto meno a giustificare. Rimangono, 83 milioni, dei quali credo bene che 13 potranno essere riottenuti nella liquidazione dell’affare Mirès, mercé un’ultima convenzione, della quale parlerò a momenti. Talché possiamo ritenere, e questo è l’essenziale a conoscere, che in lavoro fatto si abbia un capitale di circa 60 a 70 milioni.

Ora il Governo, quando avvenne l’annessione delle provincie già pontificie delle Romagne, delle Marche è dell’Umbria, trovò l’affare in questo stato, e vide che la società non era obbligata a dare ultimala la linea, se non nel 1866.

Di più, delle varie sezioni di questa linea, la prima che doveva essere compiuta era il tratto da Roma ad Ancona, come quello che aveva maggiore importanza pel Governo pontificio.

Ora, per noi, la sezione che ha maggior importanza è quella da Bologna ad Ancona, poiché avremo altre linee più brevi di quella da Bologna a Roma per ottenere che questa ultima città comunichi coll’Italia meridionale e coll’Italia superiore. Per noi adunque le prime linee saranno sempre le longitudinali.

Quindi il mio predecessore si occupò di questa circostanza, ed il 3 ottobre 1860 firmò una convenzione coi rappresentanti della società delle strade ferrate romane, per la quale egli mirò principalmente ad ottenere che la strada da Bologna ad Ancona fosse aperta la prima, e fosse posta in esercizio entro l’anno 1861.

Trattandosi di una linea di 208 chilometri circa, vede la Camera che il risultato, che l’onorevole Jacini veniva ad ottenere, era tale da dare la più ampia soddisfazione.

Per ottenere questo risultato, il mio predecessore concesse alla società delle strade ferrate, con una garanzia piuttosto ampia, e che forse, se si considerasse isolatamente l’affare, potrebbe anche sembrare soverchia, concesse la linea da Bologna a Ravenna, alla quale accennava l’onorevole Rasponi.

Io credo che l’affare concluso dall’onorevole Jacini fosse eccellente, considerato nel suo complesso, e che il risultato ne fosse splendido.

Quanto alla linea di Ravenna, giacché ne ho fatto cenno, risponderò all’onorevole Rasponi che, a senso mio, per quanto concerne il Ministero, essa non corre nessunissimo rischio. Però, non so quali saranno le intenzioni del Parlamento, a cui sarà presentato questo progetto.

La linea di Ravenna fu concessa, diceva l’onorevole Rasponi, dal dittatore Farini; e bene sta: ma l’onorevole Rasponi non ignora che la linea fu concessa ad una società, la quale non potè adempire agli impegni che aveva assunti, e che in conseguenza decadde, ed essendo decaduta, evidentemente l’affare era finito.

Io non credo che quando si concede una strada ferrata non si prendano impegni con altri che con quelli ai quali è conceduta. Si possono prendere degli inlpegni morali coi paesi attraversati da quella strada, ma con quelli soltanto.

Il Governo può. di nuovo proporre l’affare, ed in questo caso è dispostissimo a farlo, e, dirò di più, non solo è disposto, ma è obbligato, inquantoché la convenzione del 3 ottobre 1860 è una convenzione bilaterale, la quale obbliga in modo assoluto la società delle strade ferrate romane ed il Governo ad una sola cosa, a presentare il progetto al Parlamento; ed il Ministero non potrebbe a tal obbligo mancare, senza esporsi alle più gravi conseguenze giuridiche.

Seguitando la storia delle strade ferrateromane, osserverò che io venni al Ministero quando si cominciò a parlare dell’affare Mirès, ed appunto il giorno in cui il Parlamento veniva a raccogliersi. Io dubitai se dovessi presentare al Parlamento la convenzione colla società delle strade ferrate romane, la quale si trovava nelle condizioni incerte che ognun sa. Pensai che presentare quel progetto di legge al Parlamento in quelle condizioni non fosse una cosa opportuna, senza pormi in grado di dare quegli schiarimenti sull’altro contraente, che certamente sarebbero stati chiesti al Ministero. D’altronde io non scòrsi alcun pericolo nell’indugio di qualche giorno, in quanto che bisogna che io dica, ad onore del vero, che la società delle ferrovie romane, dacché conchiuse la convenzione del 3 ottobre 1860, cominciò subito ad eseguirla, per quanto la concerneva, come se fosse stata irretrattabile; ed infatti per essa lo era, ed i lavori furono condotti d’allora in poi in modo da non lasciar dubitare che, se continuano ad essere spinti così, saranno certamente aperti i tronchi di strade ferrate dentro l’anno 1861.

Fu allora che io pregai uno dei nostri onorevoli colleghi, il signor Briganti-Bellini, di recarsi a Parigi per fare le indagini che erano necessarie in questa grave circostanza.

L’onorevole Briganti-Bellini ha adempiuto la sua missione nel modo il più soddisfacente, e come mi aspettava da un uomo così esperto, com’egli è, in questo genere d’affari. Abbiamo appreso pertanto che la catastrofe della casa Mirès non ha nel momento, come avvertiva altra volta alla Camera, alterato le condizioni della società delle strade ferrate romane, per quanto concerne i lavori della linea da Bologna ad Ancona, ma che richiede l’attenzione la più seria del Governo, relativamente al suo avvenire.

Abbiamo appreso altresì che, dietro la situazione finanziaria, della quale discorreva poc’anzi, rimarrebbero ancora a spendere 118 milioni circa per compiere la rete che è concessa a quella società; abbiamo veduto d’altro canto che vi sarebbe modo di provvedere i capitali necessari, qualora si ristabiliscano le azioni che erano state annullate per deliberazione di un’adunanza illegale, e qualora si emetta un numero sufficiente di obbligazioni. Si possono facilmente, per mezzo d’azioni, procacciare circa 17 milioni, e il resto in obbligazioni, e si avrebbe nella garanzia del Governo, che sarebbe fra i 12 milioni e mezzo ed i 13 milioni e mezzo, sufficiente mezzo per pagare gl’interessi di 10 milioni e mezzo per le obbligazioni, rimanendo 2 o 3 milioni, cioè un dividendo del 5 o del 6 per cento anche per le azioni; talché, sotto questo rapporto, si hanno le assicurazioni le più tranquillanti.

In questa circostanza faceva di mestieri per altro riparare alla necessità del momento; bisognava cercare che il credito delle azioni non rimanesse soverchiamente alterato, e provvedere all’immediata continuazione dei lavori; inquantoché è evidente che i lavori sarebbero stati molto presto arrestati, se non fossero state assicurate le spese dopo il fallimento di chi aveva la emissione dei titoli, il pagamento degl’interessi e tutto il servizio finanziario della società.

In questo l’onorevole Bellini ha trovato una efficace cooperazione nel signor conte di Germiny, che dal governo imperiale era stato incaricato della gestione di così importante affare: egli ha ottenuto che potessero essere fatti immediatamente vari imprestiti che il conte Germiny aveva contratto pel governo turco, e che in tal guisa fossero dati mezzi sufficienti agli accollatori, perché potessero continuare i lavori, intanto che vari distinti capitalisti si occupassero di ricostruire la società delle strade ferrate romane in modo da assicurare la perfetta esecuzione de’ suoi impegni.

Frattanto, siccome tutto ciò non potrà farsi immediatamente, egli ha procurato che dei capitalisti vengano in soccorso alla società, che i fornitori possano essi pure accontentarsi di garanzie efficaci e di anticipazioni, in modo che i lavori vadano continuando.

Infatti posso affermare che i lavori proseguono attivamente.    

Ora noi siamo nella condizione seguente: abbiamo trattative abbastanza avanzate per trovare, mercè l’intervento del Governo, il quale certamente favorirà questo genere di combinazione il più che potrà, i capitali necessari per condurre a compimento i lavori nel tempo stabilito; e in pari tempo prendiamo le nostre misure perché, quando, contro ogni aspettativa, queste trattative non potessero venire ad un felice risultato, il Governo possa, con le debite cautele, impadronirsi dei lavori, procedere alacremente, e continuarli per conto di chi di ragione. Cosicché io spero che, senza venire ad alcuna misura che alteri il credito della società (perché a noi interessa di tener alto il credito di una società che nello Stato nostro possiede molte e importantissime linee), potremo continuare attivamente i lavori, ed assicurarne il compimento nel tempo stabilito, come è desiderio di tutti.

Per ciò che riguarda l’esecuzione dei lavori, intorno alla quale l’onorevole Rasponi moveva molte censure, devo dire che infatti qualche opera non fu perfettissimamente eseguita; tuttavia ho rapporti di due distintissimi ingegneri, e segnatamente dell’ispettore cavaliere Bella, di cui tutti conoscono la perizia, i quali sono abbastanza rassicuranti. Vi è stato qualche eccessiva parsimonia nella costruzione dei ponti, ma vi si può senza difficoltà rimediare con nuove opere che furono dai nostri ingegneri prescritte. Il commissario cavaliere Rovere, che adesso va a stanziare a Bologna, è specialmente incaricato di sorvegliare la perfetta esecuzione di questi lavori.

Quanto al ritardo portato da incagli nell’occupazione dei terreni, debbo dire che in ciò la società non ha nessunissima colpa; anzi io colgo volontieri questa occasione per dire pubblicamente ciò che in privato già mi occorse di dire segnatamente al signor deputato Alvigini, che non so se sia ora presente, quando mi fece l’onore di condurmi una deputazione di Forlì: noi succediamo a Governi i quali hanno generalmente avversato in fatto la costruzione delle strade ferrate che autorizzavano con decreti e con leggi; in conseguenza la legge d’espropriazione e tutte quelle che concernono l’esecuzione di queste opere ne’ varii paesi non sono perfette, lasciano anzi moltissimo a desiderare. Se sono sufficienti per l’esecuzione di opere ordinarie, le quali non esigono una così grande rapidità come le strade ferrate, sono generalmente imperfette per ciò che concerne queste ultime; né si possono improvvisare nuove leggi di espropriazione.

L’estendere la legge degli antichi Stati esige sempre un certo tempo, e forse non è opportuno alla vigilia della presentazione al Parlamento di un nuovo progetto di legge sull’espropriazione per causa di utilità pubblica, della quale in Italia sentiamo grandemente il bisogno. Però, quando gli interessi dei proprietari sono garantiti dai depositi che dalla società delle ferrovie romane si fecero sempre, come a me consta dai rapporti degli ingegneri, in un modo perfettamente regolare, bisogna che i cittadini si prestino e non mettano tanti ostacoli.

Nella costruzione della linea da Bologna a Ferrara, la Camera non può immaginarsi l’immensità dei reclami e degli ostacoli che si sono incontrati; lo stesso dicasi per la strada da Bologna a Pistoia nella valle del Reno, dove si è perfino inibito alla società di aprire delle strade d’accesso alla linea di costruzione ed ai luoghi degli scavi; ed altrettanto per la linea da Bologna ad Ancona.

Io pregherei quindi tutti quelli che hanno influenza sulle popolazioni di far loro sentire che, se si vogliono strade ferrate in Italia, bisogna che tutti i cittadini vi si prestino e che non mettano ostacolo all’esecuzione. Del resto queste interruzioni sono state momentanee. Questa mattina ho conferito coll’ingegnere direttore della società, il quale mi disse che adesso possono i lavori anche in quei punti essere ripresi con attività.

Osserverò inoltre che queste difficoltà non s’incontrano generalmente né in Piemonte, né in Lombardia, né in Toscana, dove le strade ferrate erano già in costruzione da qualche tempo; s’incontrano unicamente finora nelle provincie pontificie, perché probabilmente colà è stato proceduto sempre per le opere ordinarie con un rigore di forme che nella costruzione di strade ferrate è impossibile di seguire, trattandosi di far presto.

Quanto alla strada da Bologna a Forlì, l’onorevole Rasponi dicevami che supponeva dovesse essere attivata colla linea da Bologna ad Ancona.

Risponderò che non c’è una prescrizione assoluta perché sia aperta più presto, ma i lavori sono già molto più avanzati sulla sezione di Bologna a Forlì, che su quella di Forlì ad Ancona. Nella convenzione del 3 ottobre 1860 v’ha una disposizione, per la quale la società s’impegna a fare il possibile per averla attivata in maggio. Nel maggio non sarà certamente attivata; ma l’ingegnere direttore mi diceva questa mane che nel luglio potrà essere ultimata, e io non dubito d’affermarlo, se continuano i lavori coll’alacrità colla quale sono stati intrapresi. Ad ogni modo è tanto interessante d’avere attivato quel tronco prima di quello da Bologna ad Ancona, che il Ministero farà tutto il possibile perché questo scopo sia raggiunto, e perché il desiderio dell’onorevole Rasponi sia soddisfatto.

Per quello che riguarda la strada da Forlì o d’altri luoghi a Firenze, dirò che effettivamente fu nominata una Commissione dal signor barone Ricasoli, quando era governatore generale della Toscana. Questa Commissione dovea studiare varie linee. Credo che i progetti sieno quattro; ma la Commissione non ha ancora presentato i suoi rapporti, quantunque sia andata più volte sul luogo. Interrogato da me uno de’ componenti la Commissione, mi ha detto che questa ha dovuto riprendere i suoi studi sopra altra base, perché il padre Antonelli, autore d’uno di questi progetti, ha presentato un nuovo piano per una diramazione. Bisogna ch’io dica a questo proposito che, se si dovesse tener dietro a tutti quanti i desiderii manifestati nelle varie località, ed in ispecie delle località degli Apennini, dove ci sono delle valli che si prolungano più o meno in una direzione od in un’altra, dei passi che sembrano più o meno depressi, non si farebbe altro da mane a sera che studiare nuove linee di ferrovie. Riguardo alle Alpi, abbiamo visto l’anno scorso che, appena nominata la Commissione per procedere agli studi, venne fuori una quantità immensa di progetti. Questo fatto si riprodusse in ordine agli Apennini in una proporzione molto maggiore, poiché, credo, non c’è vallata dell’Apennino che non abbia avuto l’onore d’un progetto di strada ferrata.

Quando si nomina una Commissione per uno di questi passi, viene fuori una quantità immensa di progetti i quali prolungano gli studi, perché non c’è ragione per cui la Commissione non debba prendere ad esame tutti i progetti che le vengono sottoposti. Dirò poi che io faccio voti caldissimi perché venga il giorno in cui il credito pubblico del nostro paese ed il commercio siano tali da permetterci di attraversare gli Apennini in tutti i punti in cui l’interesse delle varie località lo richieda, perché questa sarebbe una delle opere più proficue, principalmente per un paese come l’Italia che è divisa in due dall’Apennino.

Ma nel momento attuale debbo dire con tutta schiettezza che, mentre non avverso punto questi studi e questi desiderii ed anzi farò tutto quello che potrò, onde gli studi siano condotti con alacrità e con intelligenza ed in modo da illuminare l’opinione pubblica, il Governo ed il Parlamento, io non posso, nel tempo in cui si stenta tanto a fare la strada da Bologna a Pistoia per la Porretta, avere il coraggio di proporre al Parlamento nuovi sacrifizi per fare un’altra strada la quale non darebbe un risultato proporzionato, come la Camera potrà apprezzare dalle cifre che sto per mettere sotto i suoi occhi.

Da Bologna a Livorno per la Porretta noi abbiamo 175 chilometri, da Bologna a Faenza 50; per cui fa da Faenza a Livorno 228 chilometri. Ora la strada da Faenza a Livorno per Firenze, che è una di quelle linee sottoposte alla Commissione, sarebbe di 200 chilometri, ed ognun vede che per abbreviare di 28 chilometri andar a traversare l’Apennino un’altra volta non sarebbe cosa opportuna. Quando si saranno fatti risparmi, allora sarà il caso di farlo; e se in quella più prospera epoca io avessi l’onore di essere ministro dei lavori pubblici, io mi farei a proporlo.

Oggi io non avrei il coraggio di proporla al Parlamento; non escludo questa linea per l’avvenire, ma non è ora il caso di occuparsene.

Da Faenza a Firenze ci corrono 100 chilometri; ma, se ci può essere interesse di congiungere Faenza a Livorno, la strada da Faenza a Firenze è di un interesse ben meschino. Io, per parte mia, come Fiorentino, non domanderei di meglio che vedere la mia città natale collegata colle Romagne più direttamente, ma, come ministro, debbo dire che non potrei ora favorire la costruzione di questa strada.

Circa alla riunione dei due mari, bisogna che io mi spieghi una volta per sempre e che io dica tutta l’animo mio.

La riunione dei due mari è una di quelle operazioni che fanno molto senso. Quando si dice riunione di due mari si pronuncia una frase che par sublime; è un’idea che ha altre volte affascinata la mente dei Governi, ma che generalménte non ha corrisposto all’aspettativa che se ne aveva.

Io non parlo degli istmi, del taglio di Suez e Panama, di cui è evidente l’utilità, ma parlo, per esempio, del canale di Linguadoca, parlo della strada del mezzogiorno, della riunione dell’Oceano al Mediterraneo, di Bordeaux a Marsiglia.

Ebbene, le statistiche che sono state pubblicate sopra queste linee non hanno generalmente giustificata l’aspettativa che se ne aveva concepita.

Il canale di Linguadoca ognun sa che ha prodotto ben piccoli risultati. Quanto alla strada del mezzogiorno essa è importante, ma importante per le località che traversa e non certamente in proporzione dei punti estremi che congiunge.

Io ora non contesto l’utilità della riunione del Mediterraneo all’Adriatico in qualche punto dell’Italia per mezzo delle strade ferrate, perché io ho sempre vagheggiata una strada ferrata da Livorno ad Ancona, ma credo non bisogni far troppo assegnamento sopra l’importanza della riunione dei due mari. Credo che questa riunione debba avere sempre due condizioni essenziali: una, che i porti che sono all’estremità della linea siano porti di primo ordine; l’altra è che i porti siano già affiatati, come suol dirsi, col gran commercio.

Ora in questa condizione sono Livorno ed Ancona; quanto a Ravenna, io faccio voti caldissimi per la sua prosperità avvenire, nè, per parte mia, mi asterrò mai dal promuoverla e segnatamente dal curare che siano eseguite colla massima alacrità e precisione le opere che sono state decretate dal Governo dittatoriale. Il Governo del Re si farà un grato dovere di condurle a compimento; ma, trattandosi di un porto canale, come è il porto Corsini, e nella condizione in cui si trova, io credo che potrà essere un porto sussidiario di molta importanza, posto com’è fra Venezia ed Ancona; ma che possa veramente essere testa di linea, come potrebbero esserlo Bordeaux e Marsiglia, come potranno esserlo Livorno ed Ancona, io mi permetto di dubitarne.

Dirò di più che la seconda condizione si è che i paesi traversati dalla strada ferrata siano tali da fare in certo modo da paracadute, sicché, se questa riunione dei due mari, tanto vagheggiata, non produce dei grandi risultati, per lo meno la strada sia molto utile per i paesi intermedi.

Ora io credo che la strada da Livorno ad Ancona per Firenze, Arezzo e Perugia, sia appunto in questa condizione. In ogni modo, siccome la strada da Firenze ad Arezzo deve essere eseguita, perché già in costruzione, non può ivi arrestarsi; e, siccome le popolazioni dell’Umbria devono avere necessariamente una strada ferrata, è naturale essere quella una linea che fa, come suol dirsi, un viaggio e due servizi.

Io dirò di più che la linea ad Ancona per Arezzo ha un’altra immensa superiorità sulla strada da Firenze a Faenza e Forlì per Ravenna, ed è che non siamo obbligati a fare un terzo passaggio nell’Apennino, perché quella strada ferrata, partendo da Arezzo, potrà andare per Foligno a Fossato, e giovarsi, per giungere ad Ancona, del sotterraneo di Fossato che è già costrutto pel servizio della ferrovia da Roma ad Ancona. Quindi, se il risparmio di venti, trenta o quaranta chilometri si potesse avere con istrada in condizione eguale di pianura, io credo che allora si potrebbe discutere sull’importanza di queste due linee. Nelle condizioni attuali però, ammettendo pure che siano stati commessi degli errori nelle concessioni anteriori delle strade ferrate, io penso che il Governo del Re sia obbligato a pigliare la rete stradale quale è, e cercare di renderla quanto più è possibile vantaggiosa, diminuendo gli inconvenienti delle concessioni per avventura mai fatte.

Ripeto dunque che io non avverso punto la strada ferrata da Firenze per le Romagne, patrocinata dall’onorevole Rasponi; che sono ben lungi dal mettere ostacolo alla esecuzione dei lavori della Commissione, e che anzi mi farò un dovere di sollecitarli, e di far sì che abbiano per risultato lo studio completo di queste linee, in modo da poter servire di criterio per la scelta che a tempo opportuno dovrà essere fatta; ma, a costo di fare un piccolo dispiacere all’onorevole mio amico Rasponi ed alle popolazioni delle Romagne, alle quali porto un vivo interesse, ho voluto intieramente e con ischiettezza spiegare l’animo mio.

Questo mi porta a parlare della ferrovia da Bologna a Pistoia per la Porretta, sulla quale l'onorevole deputato Cini mi richiamava. Io dirò che questa strada è diggià molto avanzata nella sua costruzione. Ingenti somme vi sono state spese. Tanto è l’interesse che io porto a questa strada, che, nei giorni trascorsi, mi sono fatto un dovere di percorrerla quasi tutta, e di visitarne le opere principali; ho trovato che le opere più importanti sono molto avanzate, e che sono state condotte nel modo il più soddisfacente. Se non che questa strada è stata finora disgraziatissima, ed una delle più grandi colpe, a senso mio, del Governo dei granduchi lorenesi a riguardo della Toscana, è appunto quella di aver ritardata l’esecuzione di questa linea, e di non averla sufficientemente aiutata, anzi di aver concorso a renderla, se non impossibile, difficilissima colle Commissioni internazionali che nominò, e cogli immensi incagli che furono messi all’esecuzione; colla rovina in cui lasciò cadere tante altre società indigene, che in tempi molto opportuni e molto convenienti si erano costituite per tale opera, che doveva essere, di tutte le strade toscane, la prima costruita, come quella che metteva la Toscana in comunicazione col resto d’Italia, Infatti, come disse benissimo l’onorevole Cini, la Toscana è fuori del concerto italiano per effetto dei monti che la circondano.    

Ora soggiungerò che questa strada è condotta ad un punto tale, che, qualunque sia l’opinione che si possa avere sopra la preferenza da darsi alle altre linee, questa è certamente quella che può per la prima riunire Bologna a Firenze, cioè la valle del Po a quella dell’Arno; e debbo dire che, anche nell’interesse di questa strada, io credo che convenga non occuparsi troppo di altri passaggi dell’Apennino; e che Tessersene troppo occupati le abbia recato gravissimo nocumento.

A forza di dire che la strada della Porretta era una strada impossibile, che i terreni erano tali che franavano, che la società non avrebbe potuto esercitarla per effetto delle grandi pendenze, delle curve, ecc.; a forza di dire tutto ciò, io credo che si sia molto nociuto alla costituzione di questa impresa ed al buon andamento dei lavori.

Per lo meno ultimamente si sono fatte delle proteste per parte della società concessionaria; ed io credo che sarebbe stato molto meglio non farne, perché la concorrenza, se è fatale alle strade facili, sarebbe rovinosa in una strada per la quale si sono impiegati dei capitali così ingenti, ed il cui esercizio costerà immensamente.

Infatti osserverò soltanto che da Pistoia all’ingresso del gran sotterraneo di Sammomè, dove che per la strada ordinaria non vi sono che sette chilometri di distanza, la strada ferrata si sviluppa sopra ventidue chilometri, dei quali metà circa in galleria, e colla pendenza costante del 23 al 23 per cento.

Dirò al deputato Cini che io non posso dargli nessunissima assicurazione sopra l’epoca nella quale i lavori delle singole sezioni di questa strada saranno compiuti.

Nella valle del Reno vi sono dodici ponti sul fiume Reno, senza contare i ponti sopra gli affluenti del medesimo, che sono abbastanza considerevoli; egli è certo che la fondazione di una parte di questi ponti è già fatta; in questo momento non si vedono, perché sono coperti dalle acque e dai letti dei fiumi, che sono abbastanza alti; ma, ad ogni modo, credo che quelle costruzioni esigeranno ancora alcuni mesi.

Quanto ai lavori della ferrovia in Toscana, che sono considerabilissimi, giacché si tratta di molti viadotti, di cinquanta metri di altezza a tre ordini di archi, magnifici lavori, io credo che sieno già avanzati in modo da potere, nel termine stabilito nella convenzione, essere attivati; il solo dubbio che rimanga è il sotterraneo di Sammomè a Fracchia. Convengo che il deputato Cini abbia ragione quando dice che la società non lavorò con sufficiente impegno dopo la convenzione dell’ 8 luglio; credo che il motivo fosse il cambiamento di accollatari; e gli accollatari nuovi hanno fatto venire dieci o dodici macchine a vapore, per cui ad ogni passo vi sono macchine della forza di cinquanta cavalli circa.

Nell’inverno non hanno potuto collocarle a causa della neve; in questo momento si stanno collocando, e nel mese forse esse saranno al sito; eppereiò ho incaricato il commissario Rovere di stabilirsi a Bologna per dare una continua attenzione a questi lavori, e per vedere, appena messe al posto le macchine, quanto sarà l’approfondamento dei pozzi. Io credo che, se i lavori potessero essere condotti coll’avanzamento medio che si attribuisce generalmente alle opere di questo genere dagli autori competenti, la strada potrebbe essere compiuta nel termine stabilito.

Quantunque io non possa dare assicurazione circa l’approfondimento della galleria, dirò che io non vedo impossibile che l’opera possa essere ultimata nel termine voluto. Il Governo è preoccupatissimo di questa strada, e non ometterà nessuna minaccia, nessun atto che possa costringere la società a stare nei limiti delle sue obbligazioni.

Passando alle interpellanze dell’onorevole Borgatti, dirò che io non posso far altro che aderire alla nota dell’onorevole mio predecessore, della quale la Camera ha già udita la lettura..

Io credo che l’onorevole Jacini non potesse prendere altra determinazione'di quella che prese, vincolato come era dalla convenzione 8 luglio.

Dirò di più, per essere schietto, che, per quanto mi stimi onorato sempre di seguire l’opinione dell’illustre e venerando mio amico il senatore Paleocapa, in questa circostanza io mi accosterò. piuttosto all’opinione ed alla decisione dell’onorevole mio predecessore. Peraltro io credo che quelle località siano tanto importanti sotto tutti i punti di vista, che, quando l’Italia avrà ultimato le sue linee longitudinali, quelle che si possono chiamare le vere arterie delle nostre reti ferroviarie, fra le linee secondarie, quella che accennava l’onorevole Borgatti potrà considerarsi della maggior importanza e del più grande interesse; e prometto che, per quanto da me dipenderà, non farò che favorirla.

Quanto alla linea da Ancona al Tronto, sulla quale mi interrogava l’onorevole Bellini, dirò che essa mi preoccupa moltissimo, giacché quella speranza, che io mi permetteva di dare alla Camera l’altro giorno, è subordinata evidentemente all’esecuzione di questa linea.

Su questa linea si stanno facendo degli studi da alcuni che ne hanno ottenuto l’autorizzazione dal mio predecessore; di più l’ispettore Donegani, che è il commissario regio presso la strada da Roma ad Ancona, sta egli pure facendo degli studi in questo senso. Di qui le varie trattative per l’esecuzione di questa strada che ci sta a cuore immensamente e per la quale io spero poter presto presentare un progetto di' legge, probabilmente insieme alla concessione delle strade ferrate napoletane, alle quali mi pare che sia indissolubilmente legata.

Riguardo alla sua continuazione, della quale parlava l’onorevole Massari, io dirò che la linea dal Tronto sino al punto inferiore d’Italia Jungo il litorale dell’Adriatico forma appunto l’argomento della concessione de La Hante, la quale sarà quanto prima presentata al Parlamento, colla fiducia che questo voglia sanzionarla col suo voto.

Questa strada andrà da Ancona al Tronto e Pescara e per Foggia sino a Brindisi, e sarà poi collegata colla strada ferrata dal versante del Mediterraneo per due diramazioni, una delle quali andrà pure dal Tronto per la valle dell’Ofanto e del Sele a Salerno; e sull’altra non posso dir niente perché la linea non è peranco determinata.

La Commissione delle strade ferrate, presieduta dall’onorevole De Vincenzi, ha presentalo ultimamente cinque progetti, dai quali dovranno essere scelti due: uno è già scelto ma l’egregio ingegnere Ranco non mi ha ancora dato il suo avviso in proposito dell’altro, e non so ancora quale sarà adottato.

Quanto alla linea delle Calabrie di cui parlava l’onorevole Plutino, questa è una delle linee che formano parte della concessione Adami; il contratto che si è firmato ultimamente è subordinato a un deposito da eseguirsi dentro il presente mese; quando sia effettuato il deposito, avrò l'onore di presentare al Parlamento la relativa concessione concessione, insieme agli altri progetti di legge per compiere tutta la rete delle provincie meridionali.

Per ultimare la discussione sulle linee delle ferrovie, io risponderò all’onorevole deputato Toscanelli relativamente alla linea delle Moie, o Saline Volterrane, sino alla sua congiunzione con la rete delle strade ferrate toscane.

Senza seguirlo nelle asserzioni tutte e nei giudizi che egli pronunziava sull’avvenire di questa linea, io credo che la sua importanza attuale sia più che sufficiente per giustificare una sovvenzione che tenda a condurla a compimento, e per far sperare che possa dal Parlamento accogliersene favorevolmente la proposta; imperocché tal linea non è né lunga, né difficile, e potrebbe stabilirsi in condizioni da servire specialmente per i trasporti che ora sarebbero necessari, e sarebbe la linea dal Fitto di Cecina alle Moie, o Saline di Volterra, la quale, del resto, da quella parte non avrebbe alcuna testa di linea sufficiente, e dovrebbe andar a raggiungere le altre strade toscane.

Questa linea, come l’onorevole interpellante osservava, forma argomento di un articolo della concessione fatta alla società concessionaria della linea da Livorno al confine pontificio del Chiarone, nel quale articolo è detto che la società deve avere la prelazione. Ma io noto che questa strada è di un interesse piuttosto locale; che passa in un paese dove vi sono industriali ricchissimi e stabilimenti grandiosi interessati alla sua costruzione, come la città di Volterra per i suoi alabastri, le ricche miniere di Montecatini, le cave e stabilimenti boraciferi del signor conte De Larderell, le saline di Volterra. Ora io credo che se gli interessati in queste varie industrie, fra i quali anche il Governo per le saline, si mettessero d’accordo, come si fa in Inghilterra, dove appunto si dà vita a buone condizioni alle imprese di strade ferrate per favorire maggiormente l’attività degli stabilimenti industriali, io credo, dico, che non vi sarebbe difficoltà di proporre al Parlamento quei sussidi e quelle facilitazioni che meglio valessero a promuovere l’esecuzione di questa linea.

Senonché debbo osservare che la scelta della linea o per Pontedera o per Poggibonzi dovrebbe in questo caso formare argomento di un esame speciale, per pronunziarsi con maturità di giudizio.

Quanto alla strada ferrata di Ceprano, io dirò che i lavori sono in piena attività; che da tre mesi vi sono occupati in media cinque mila operai al giorno pei lavori di terra, di muratura; e le varie provviste sono tutte appaltate nei debiti modi; che solamente le piccole opere sono fatte in economia; che le verghe, i cuscinetti sono stati provvisti dagli stabilimenti indigeni e dagli esteri. Tali sono le informazioni che mi rimettono, e il commendatore Nigra, e il cavaliere Ranco, che io aveva incaricato di ispezionare particolarmente questa linea. Io non posso mettere in dubbio la veridicità di queste asserzioni; conseguentemente io sono perfettamente tranquillo sopra l’esecuzione di tali lavori.

Alla dimanda del deputato Plutino relativa alla fermata del vapore a Reggio, risponderò che questa cosa sarà esaminata, che vi possono essere degli ostacoli anche per la comunicazione diretta, e che sul momento non mi è dato aggiungere di più.

Relativamente ai porti non posso che ripetere quello che dissi l’altro giorno, così pure per quanto riflette le strade rotabili che si stanno costruendo. Se non che a questo riguardo debbo osservare che giorni sono fu detto da qualche onorevole deputato che le antiche province napoletane difettavano molto di strade e di pubblici lavori. Io non posso a meno di convenirne, e certamente vi e un immenso difetto di queste onere pubbliche.

Xxxxxxxx per amore di verità, bisogna che io ponga sotto gli occhi della Camera un quadro delle strade rotabili che esistono nelle provincie napoletane. Disgraziatamente credo che queste opere in generale non siano state eseguite a dovere, e che molte si trovino o mal dirette o in cattiva condizione d’esecuzione e di mantenimento; ma sta in fatto che vi sono nelle provincie napoletane: di strade regie a carico dello Stato costrutte 2295 chilometri; in costruzione 405; di strade provinciali 2677 chilometri costrutti, 553 in costruzione; di strade comunali costrutte chilometri 960, in costruzione 281; talché l’estensione totale delle strade già costrutte ed in esercizio è di chilometri 6030; le strade in costruzione abbraccieranno una linea di 1221 chilometri; in progetto od allo studio ve n’ha per 2519 chilometri: totale 3740. Se si tolgono le strade in progetto ed allo studio rimarrebbero di strade costrutte ed in costruzione circa 7250 chilometri.

Nel bilancio dell’anno 1861 delle provincie napoletane è stata stanziata, per prosecuzione di opere pubbliche e per gli ordinari mantenimenti, la somma di 2, 390,000 lire, e per opere nuove 8, 400,000: totale 10, 790,000 lire, di cui una parte s’è già cominciata a spendere.

Fra le opere iniziate v’è la ferrovia di comunicazione tra il mar Mediterraneo ed il Ionio, a traverso l’Apennino nelle Calabrie, per la quale è stata erogata fin qui la somma di 1,700,000 lire; pel 1861 è stabilita la spesa di 600,000 lire, ed occorrono pel compimento 6,500,000 lire; in tutto costerà 8,800,000 lire. Da parecchi mesi 5000 operai circa lavorano attorno a questa linea.

In ordine ai progetti che asserivansi essere stati lasciati per circa tre milioni e mezzo dal Governo passato, dirò che in questo momento ascendono a circa 28,000,000 le perizie dei lavori in progetto che sono presso la direzione generale dei ponti e strade in Napoli.

Molti di tali progetti sono stati fatti o compiuti dopo la caduta del Governo borbonico, giacché, se si dovesse tener conto dei progetti lasciati da quel Governo, se ne avrebbero non per tre milioni e mezzo, ma per 40 o 50 milioni. Il Governo borbonico aveva per Napoli e la Sicilia una quantità di progetti che l’uguale non ha alcun altro Governo; le concessioni di ferrovie si moltiplicavano all’infinito; i disegni d’opere pubbliche pullulavano ad ogni istante, ma in quanto al porvi mano e ad eseguirli si andava moltissimo a rilento.

In ogni modo ripeterò ciò che diceva l’altro giorno, che le opere pubbliche non si possono improvvisare. I lavori già intrapresi si stanno continuando alacremente, ed il signor cavaliere Ranco, quando tornerà a Torino, mi porterà gli elementi necessari per servire di base ad un progetto di legge da presentarsi al Parlamento.

Riguardo a ciò che il signor deputato Plutino chiamava, con parola molto benevola, pregiudizio, io dirò che terrò conto delle sue dichiarazioni, e che, mentre credo che il personale delle provincie napolitane ci potrà essere utilissimo per l’esecuzione dei lavori, non ostante sarà cura del ministro di praticare per le pubbliche costruzioni quello che va facendo per le poste e pei telegrafi e per altri rami di pubbliche amministrazioni, cioè di affidare anche ad ingegneri di altre parti d’Italia delle missioni permanenti in quei paesi, per guisa che, se qualche inconveniente o pregiudizio vi fosse, sia più facile lo scoprirlo e ripararvi, e far in modo che tutto il danaro che lo Stato stanzia per le pubbliche opere venga puntualmente erogato in beneficio delle popolazioni.

Giacché sono su questo argomento, dirò che l’ispettore

Marsano, che è in Sicilia e farà il giro dell’isola, mi scrive da Caltanisetta, che alla fine del mese crede di esser qui, e che è soddisfatto del personale degli ingegneri addetti all’esercizio dei ponti e strade, che ha raccolto preziose notizie, e che quanto prima spera di pormi in grado di presentare al Parlamento dei progetti di legge per provvedere alle necessità anche di quell’isola.

Mi pare, se non isbaglio, di aver risposto a tutte le domande che mi sono state fatte; se per caso non fosse così, prego gli onorevoli interpellanti ad avvertirmene.

MAYR. Io l’aveva interpellato sulla linea dal ponte Lagoscuro a Bologna.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. In quanto a questa, dirò che i lavori sono già intrapresi, e che si sono mandati ingegneri appositi per sorvegliarli; i lavori generalmente non sono difficili su quella linea; onde confido che nella campagna attuale potranno condursi molto innanzi, e, probabilmente a compimento.

Onde poi attivare più presto la linea, la società ha proposto ed il Governo ha approvato la costruzione di un ponte provvisorio di legno sul Reno, il quale non menoma punto l’impegno che ha la società di costruire questo ponte in muratura, il che non potrebbe farsi in questa campagna.

RASPONI. Dirò alcune brevi parole, perché l’ora è tarda e perché vedo che mi mancherebbe l’attenzione della Camera.

Io vengo a ringraziare l’onorevole ministro dei lavori pubblici degli ampi schiarimenti che mi ha dato intorno alle strade ferrate delle Romagne e delle Marche. Io prendo altresì atto della dichiarazione da lui fatta, che il Governo non può esimersi dal presentare al Parlamento l’approvazione della convenzione per la strada ferrata da Castel Bolognese a Ravenna.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. No, della strada da Bologna ad Ancona e Ravenna. Da Castel Bolognese non è ancora determinata.

RASPONI. Benissimo; dalla qual dichiarazione scende come logica conseguenza che sarà presentata al Parlamento questa convenzione, per la quale si congiunge Ravenna alla linea centrale; sarà presentata, dico, in ambedue i seguenti casi, o che si compia un contratto tra la società delle strade ferrate romane e quei signori che hanno domandata l’intrapresa, ovvero nel caso che il Governo ponga il sequestro ed eseguisca per suo conto tutti i lavori della strada ferrata da Ancona a Bologna.

Io dovrei estendermi molto, se volessi rispondere a quanto disse l’onorevole signor ministro intorno alla progettata ferrovia fra Firenze e Ravenna.

Se io avessi potuto presumere ch’egli sarebbe entrato nei particolari, io mi sarei preparato a questo tema, per me importantissimo; e credo poter asserire che avrei potuto vittoriosamente confutare molte delle sue conclusioni, ed avvalorare le mie parole coll’autorità d’ingegneri distintissimi.

Io mi limiterò solo a dire ch’egli ha preso per punto di partenza e di confronto, tra Livorno, Firenze e le Romagne, la città di Faenza. Non so se il signor ministro sappia che havvi un altro progetto il quale condurrebbe la strada a Forlì, che è assai più distante dalla ferrovia della Porretta, e quindi non potrebbe fare che piccolissima concorrenza alla stessa ferrovia della Porretta.

Non mi persuadono nemmanco interamente le sue osservazioni intorno all’abuso che si fa, com’egli dice, delle parole di congiunzione tra i due mari. Ma neanco a questo non voglio rispondere per non importunare di troppo la Camera.

Io credo che il porto di Ravenna, quantunque non sia dell’importanza di quello d’Ancona, abbia nondimeno un’importanza grandissima, e credo che l’acquisto d’Ancona non abbia nociuto gran fatto all’entità del commercio di Ravenna.

Del resto, in fatto di strade ferrate, io penso che il Governo debba incoraggiare quanto più sia possibile ogni sorta d’intraprese e di concessioni, e in questo intendimento io domandava al Ministero che affrettasse il voto di quella Commissione istituita per decidere quale fosse il tracciato preferibile tra le diverse valli transapennine della Toscana. Io non chiedeva altro, e ripeto che, se avessi potuto pensare che il signor ministro avesse voluto in qualche modo pronunciarsi in merito e confrontare la progettata linea delle Romagne e quella della Porretta, avrei potuto rispondere adeguatamente a tutte le sue osservazioni. In una parola, io voglio soltanto che si spiani il cammino a quella qualsiasi compagnia che domanderà la concessione d’una ferrovia, che riunisca in linea retta, per quanto è possibile, Firenze a Ravenna.

PRESIDENTE. Il deputalo Toscanelli ha facoltà di parlare.

TOSCANELLI. Mi dichiaro in gran parte soddisfatto delle spiegazioni datemi dal signor ministro dei lavori pubblici; debbo per altro fargli una raccomandazione, ed è quella che si compiaccia d’incaricare persona di sua fiducia, onde siano studiate le due linee, e nell’interesse pubblico si chiarisca a quale di queste due linee darebbe la preferenza il Governo.

PRESIDENTE. Il deputato Di Rorà ha facoltà di parlare.

DI RORÀ. L’onorevole signor ministro ha trattato, mi pare, un po’ leggermente il porto di Ravenna. Io non parlo solo nell'interesse di quel porto, ma bensì nell’interesse di tutto il commercio dell’alta Italia, che credo sia implicato con quello del porto di Ravenna.

10 signor ministro fece il confronto fra Ravenna ed Ancona. Io accetto questo confronto, poiché quando quelle due città erano sotto lo stesso Governo ed erano rette dalle stesse leggi, benché nel porto d’Ancona potessero approdare le navi di gran portata, ed in quello di Ravenna non vi potessero entrare che legni di una portata non maggiore di cento tonnellate, tuttavia il prodotto doganale delle due città prova che entrambi i porti erano uguali.

Io concedo che il porto di Ancona dal Iato politico e dal lato militare ha molto maggiore importanza di quello di Ravenna; ma un porto militare di questa importanza deve avere un’avanguardia, e questa avanguardia naturale è il porto di Ravenna.

Vengo ora sul terreno commerciale.

Ho già detto che, quantunque il porto di Ravenna sia di difficile accesso e fosse lasciato in pessima condizione dal cessato Governo, tuttavia il commercio vi fioriva ugualmente che in quello di Ancona. Questo fatto doveva avere delle cause essenziali, e queste cause credo che siano le seguenti.

Si guardi la valle del Po, e si vedrà che dal lato sinistro ha per isbocco naturale Venezia e dal lato destro Ravenna, per la ragione semplicissima che Ravenna è l’approdo più prossimo dal quale le merci si possono scambiare con grande celerità. Ecco quel che forma l’immenso vantaggio del porto di Ravenna.

V’è n’è poi ancora un altro, e di molta importanza, ed è che la ricchezza della valle destra del Po, specialmente delle Romagne, e i bastimenti, i quali portano coloniali e merci che provengono dalla Germania, hanno un mezzo facilissimo di prendere altre merci in cambio; là si trovano cereali e quanto può produrre la ricchissima Romagna e tutta l’Emilia. Ecco uno dei motivi per i quali i commercianti preferiscono venire al porto di Ravenna piuttosto che a quello di Ancona.

Vi è anche un terzo motivo che induce il commercio a rivolgersi specialmente al porto di Ravenna, ed è che questo è il punto più breve per unire i due mari. Ammetto col signor ministro che non bisogna poi dare importanza somma a questo fatto; ma mi concederà egli pure che una grande importanza l’ha. Infatti una gran parte del commercio che si faceva a Ravenna, malgrado le cattive condizioni nelle quali si trovava quel porto, era diretto al Mediterraneo; ora che le comunicazioni col porto di Livorno sono di molto facilitate, colla linea di via ferrata di Bologna e di lì a Livorno per Porretta e Pistoia, il punto più breve che ci sarà per unire i due mari sarà Livorno e Ravenna.

Si può benissimo glorificare, quanto si vuole, il porto d’Ancona; Io ammetto; ma le condizioni commerciali sono in favore di Ravenna. Un commerciante non guarderà se questo sia o no un porto militare; esso guarderà al suo tornaconto. Il suo tornaconto per il passato l’ha trovato a passare per Ravenna, e, mi spiace il dirlo al signor ministro, continuerà per lo stesso motivo ad andare a Ravenna.

Non solo nel vantaggio di Ravenna, ma del commercio in generale, io raccomando caldissimamente quel porto all’onorevole signor ministro pei lavori pubblici.

Non creda il signor ministro che io parli per riconoscenza a quelle popolazioni, che furono a me così indulgenti e tanto m’aiutarono nel disimpegno della mia missione; ne parlo perché, avendo dbvuto studiare quali erano i bisogni di quei paesi, mi convinsi che i bisogni loro erano uguali, erano identici ai bisogni di tutto il commercio dell’Italia meridionale; ed è per questo che io raccomando nuovamente al signor ministro il porto di Ravenna.

CARDENTE. Mi dispiace che non posso dichiararmi soddisfatto delle spiegazioni favoriteci dall’onorevole ministro dei lavori pubblici. Io non chiedeva di sapere, se gli operai impiegati in questi lavori erano mille o dieci mila, bensì se gli esecutori di quei lavori siano veramente appaltatori, giacché nell’ex-reame di Napoli era pur legge, che i pubblici lavori fossero eseguiti dietro perizie ed appalti. Ma per questi della ferrovia da Capua a Ceprano ignorasi da tutta la provincia ove e quando emanaronsi i pubblici avvisi, siccome dove mai celebraronsi subastazioni!.... E siccome lo stesso onorevole signor ministro favorì dichiarare che fra detti lavori avvene qualcuno che si esegue tuttora per conto della finanza, così pregherei volesse indicare se le traverse di legno, denominate dormienti o picchetti, che prima provvedevale il Borbone stesso, facendosele pagare due terzi di più di ciò che costavano (!!!), sian tuttora fornite per conto dell’erario!.... Perché, infine, da più mesi in qua che provvidenzialmente installavasi in quelle provincie il Governo costituzionale del Re, niun bando, niuna novella subasta si celebrò, e perdura in certo modo lo scandalo del passato!....

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. Io non posso entrare nei particolari sui quali m’interroga l’onorevole preopinante. Appena io fui informato delle sue osservazioni, io mi feci un dovere di domandare al commendatore Nigra ed al cavaliere Ranco informazioni sopra questi lavori, e n’ebbi in risposta che i lavori si facevano per appalto nelle misure che ho detto. Egualmente mi farò un dovere di domandare i nuovi particolari che il preopinante desidera; e per non tediare la Camera, se egli vorrà favorirmi fra qualche giorno al Ministero, sarò ben lieto di dargli le più ampie spiegazioni, giacché ben comprende che io sono più interessato di lui a

Volere che queste sieno verità e che ì lavori procedano in modo da tutelare gl’interessi dello Stato.

Assicuro l’onorevole deputato Toscanelli che farò studiare la questione sulla scelta fra le due linee.

Rispondendo agli onorevoli Rasponi e Rorà, osservo che, se si tratta, come dice l’onorevole Rasponi, di favorire la costituzione d’una società, siccome quante più società si potranno costituire per le ferrovie e tanto meglio sarà pel paese, io non domando nulla di meglio che il signor Rasponi riesca a trasfondere le sue convinzioni nell’animo dei capitalisti, tanto che si determinino a costruire quella strada e non domandino sacrifizi al Governo. Io sarò allora il primo a far plauso, e mi rallegrerò molto coll’onorevole deputato Rasponi se avrà convertito dei capitalisti ad un’opinione che nel momento attuale io non ho, giacché, a dir il vero, penso che sinora noi siamo sempre negli stessi termini di sacrifici a cui si sobbarca lo Stato, e, quando si tratta d’impegnare il credito pubblico, io mi credo in obbligo di avere un’opinione e di esporla schiettamente alla Camera.

Quanto poi agli elogi che l’onorevole Di Rorà faceva del porto di Ancona, tanto poco io son disposto a contraddirlo che il Governo è disposto a far costruire molte opere per migliorare le condizioni di quel porto; ma mi permetta di dirgli che i suoi ragionamenti non pare che facciano egualmente al caso, quando ha detto che il porto di Ravenna è il porto della valle del Po. Io sono perfettamente d’accordo con lui; ma alla valle del Po non è. necessario varcare l’Apennino; quindi, perché il porto di Ravenna possa essere il porto della valle del Po, io non domando di meglio che di favorire la continuazione della strada di ferro per Bologna e Ravenna ad Ancona, e collegarle con tutta la gran rete ferroviaria italiana; ma, quanto al dire che deve essere il porto della comunicazione fra i due mari, perché la linea è la più breve per Ravenna che per Ancona, io replico che gli argomenti del signor Di Rorà non finiscono di persuadermi.

Egli ha fatto un confronto tra il porto di Ancona ed il porto di Ravenna relativamente al commercio che vi affluiva per le provincie adiacenti. Siccome il porto di Ravenna è in un punto dove da tutte parti affluisce la valle del Po, è naturalissimo che vi convergano pure tutti i commerci di consumo per approvigionare quelle popolazioni; ma altro commercio non vi può essere.

Il porto d’Ancona, avendo addosso l’Apennino, ed il suo litorale essendo formato da una striscia lunga e molto stretta, ne vien per conseguenza che abbia un raggio minore. Ma questo sta in fatto di cabotaggio: evidentemente erano piccoli bastimenti che vi affluivano, ed io capisco perfettamente che questi affluissero più a Ravenna che ad Ancona; ma, quando si parla della congiunzione dei due mari, non si tratta più di cabotaggio; si tratta di grande navigazione, poiché al cabotaggio non so in che giovi la congiunzione dei due mari; quando vi sarà la ferrovia, le grandi mercanzie, per evitare le spese e il disturbo di scarico e di ricarico, si trasporteranno per questa e non più col cabotaggio.

Ora, a parlar schietto, io credo che il porto di Ravenna, per quanti lavori vi si facciano, non sarà mai accessibile e comodo, almeno ai grossi navigli, come quello di Ancona, e che per conseguenza questo sarà dal commercio preferito.

Alla congiunzione dei due mari, cui non do molta importanza, credo bensì conveniente il dar opera, a condizione di non traversare due volte l’Apennino; di attraversare provincie ricche e popolose, tuttora prive di comunicazioni ferroviarie, e di utilizzare strade ferrate, già costruite o in costruzione, per le quali il Governo abbia concesso delle garanzie; in tal caso trovasi, per esempio, la linea in costruzione da Firenze ad Arezzo, la quale, venendo prolungata sin all’imboccatura del tunnel dell’Apennino presso Fossato, opererebbe le congiunzioni dei due mari nelle condizioni appunto che ho testé accennate. Se poi ho accennato Faenza, anzi che altra città, egli è perché è quella che accenna più a Ravenna; imperocché la linea da Bologna ad Ancona si diramerà in questa direzione appunto a Faenza o a Castel Bolognese; ma, del resto, se preferiscono Forlì, non ho nessun motivo di oppormivi, purché i capitalisti, sul comune dei quali facesse assegnamento l’onorevole Rasponi, fossero disposti a costruire un nuovo braccio da Forlì a Ravenna, indispensabile se si vuole avere veramente questa comunicazione rapida fra i due mari, da Livorno a Ravenna.

Ma attualmente non potrei far altre promesse che quelle di promuovere gli studi della Commissione per valercene a tempo opportuno, a meno che i capitali affluiscano nelle condizioni dette dal signor Rasponi, ciò che per il momento attuale non credo possibile.

PRESIDENTE. La parola è al signor Pescetto.

PESCETTO. Sono spiacente che una breve assenza dal mio posto, causata appunto da un abboccamento chiestomi da un aspirante ad una concessione di ferrovia, non abbia permesso a me pure di dirigere all’onorevole signor ministro dei lavori pubblici alcune domande e sollecitazioni con quell’ordine che trovo essere stato ammesso nella Camera. Veramente io non mi ero a ciò predisposto, l’ordine nostro del giorno essendo ristretto ad interpellanze sulle ferrovie della Romagna e delle Marche; ma, dal momento che questo dibattimento ha preso l’aspetto di una discussione generale sulle ferrovie dello Stato, riputerei mancare al mio dovere se anch’io non domandassi al signor ministro a qual punto si trovano le combinazioni del Governo colle due società che attualmente attendono alla concessione della ferrovia tra Torino e Savona.

L’ora tarda, o signori, non mi permette d’intrattenermi sulla lunghissima pratica che esiste dal 1851 a questi giorni per l’attivazione di questa ferrovia che riveste eminentemente i caratteri commerciali, industriali e di pubblica utilità, e più specialmente un carattere militare o strategico, se volete, e che il distintissimo nostro Paleocapa e molte Commissioni governative hanno constatato. Solo vi dirò che questa costruzione fu concessa già nello scadere del 1889, ma disgraziatamente il concessionario non potè allora avere i mezzi necessari per mandarla ad effetto.

L’anno scorso, sul finire di quella Sessione della settima Legislatura, nell’altra Camera il Ministero dichiarò che riconosceva la somma utilità di questa linea; che era disposto a promuoverne l’esecuzione con sussidi; il presidente del Consiglio dei ministri d’allora, che è lo stesso ancora attualmente, disse che era disposto a concedere un sussidio di sei milioni; l’onorevole predecessore dell’attuale ministro dei lavori pubblici disse, interrompendo, anche sette ed otto; ed il presidente del Consiglio dei ministri soggiunse: anche dieci.     '

Ora a questa dichiarazione di concedimento di un sussidio di 10 milioni vuole il Governo dare un’interpretazione, la quale certo non è quella che le dà tutto il commercio e tutto il paese. Si vorrebbe che, parlando di dieci milioni, il Governo non abbia voluto assumere altro impegno che di dare esso stesso sei milioni, e di impegnarsi moralmente a far concedere dalle provincie e dai comuni altri quattro milioni; ma questa spiegazione, che può essere data nel seno d’una Commissione qualunque, non mi pare che sia ammessibile e non corrisponda menomamente alle dichiarazioni fatte in Senato e registrate negli atti di quel Consesso, giacche nella discussione che ebbe luogo in quella Camera si parlò, come dissi, semplicemente della concessione di un sussidio anche di dieci milioni che si sarebbe corrisposto dal Governo.

Io prego quindi l’onorevole signor ministro dei lavori pubblici a volermi indicare a che punto siano le trattative colle due società che hanno inoltrate delle domande per la concessione di quella ferrovia, e a dirmi se il Governo ha intenzione di accordare i dieci milioni esso solo, salvo poi il sussidio maggiore che le provincie ed i comuni interessati hanno già offerto, e che certamente, all’evenienza, aumenteranno per quanto le finanze loro sieno per permetterlo.

di borì. Dirò al signor ministro che, se il commercio di Ravenna fu fatto sin ora per mezzo del cabotaggio, ciò avvenne per motivo che non si poteva fare altrimenti, non potendovi entrare i grossi legni.

Le spese, che vi si faranno, spero che permetteranno alle navi d’entrarvi con 800 tonnellate, ed allora vedrà il signor ministro che i bastimenti di grande portata affluiranno a Ravenna, e sarà questo un fortunato cambiamento per il commercio.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. Non posso che unire i miei voti a quelli dell’onorevole Rorà, perché questo. accada.

Egli converrà meco che ciò non accadrà per effetto della riunione di Ravenna con Livorno, per mezzo della strada ferrata, ma sì per effetto dei lavori che si fanno nel porto di Ravenna e della ferrovia che metterà Ravenna in comunicazione col raggio naturale di quel porto, cioè colla linea ferrata che l’unisce alla vallata del Po. Ciò. accadrà quando Ravenna avrà acquistata una tale importanza da stabilire una concorrenza tra essa ed Ancona, e, quando ciò accadesse, io sarei lieto di modificare compiutamente la mia opinione e dire che mi sono ingannato.

Sia che gli eventi mi trovino sul banco dei ministri o sugli stalli dei deputati, sarò lieto allora di proporre o di approvare la concessione d’una ferrovia a cui nel momento attuale non credo in coscienza che si possa por mano, imponendo per essa sacrifizi allo Stato.

DI RORÀ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Non bisognerebbe interrompere.

DI RORÀ. Sono solo due parole.

Divido pienamente l’opinione del signor ministro, e credo che l’unione dei due mari con una ferrovia che da Ravenna vada a Bologna per Pistoia sia cosa che possa dar grande prosperità a Ravenna.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. Alle domande dell’onorevole Pescetto sarei disposto a rispondere anche quest’oggi; ma l’ora è tarda; la discussione potrebbe protrarsi di troppo. Inoltre in quest’affare mi trovo in una posizione delicata, poiché io non aveva l’onore di far parte del Ministero quando furono profferite le parole citate dall’onorevole Pescetto.

Credo quindi che sarebbe necessaria la presenza dell’onorevole presidente del Consiglio, non avendo io missione d’interpretare le sue parole e di rispondere alle interpretazioni che fossero fatte da altri.

È perciò d’uopo fissare un altro giorno per rispondere a queste interpellanze. E, siccome domani debbo avere una conferenza con una di queste due società, e pare che l’onorevole Pescetto annunzi una certa riattivazione delle pratiche relative, lo pregherei, se ciò non gli dispiace, di rimandare le sue interpellanze alla metà della prossima settimana. Se vuole indugiare sino a mercoledì o giovedì, mi farà piacere

PESCETTO. Accetto le spiegazioni date dal signor ministro; desidero solo di fare una rettificazione.

Io non intendeva certamente che il signor ministro dei lavori pubblici avesse a pronunciare il suo avviso sul modo che è stata intesa la concessione del sussidio di 10 milioni nell’altra Camera; imperocché si è l’onorevole ed egregio suo antecessore e l’attuale presidente del Consiglio dei ministri che tennero il discorso a) quale io ho accennato.

Io voleva solo sapere se l’attuale Consiglio dei ministri fosse per avventura addivenuto a discutere e ragionare su quella concessione, ed in caso affermativo, se il Consiglio stesso avesse presa, a tale proposito, qualche deliberazione.

CASTELLANO. Domando la parola per una semplice dichiarazione.

La discussione è divenuta generale, come osservò l’onorevole Pescetto; ma io ritengo che, per esser divenuta tale soltanto in linea d’incidente promosso dalle interpellanze poste all’ordine del giorno, non abbia da ritenersi del tutto esaurita circa le opere pubbliche nelle provincie napolitane, e mi riservo di fare le opportune osservazioni, poiché non posso accettare tutte le dichiarazioni del signor ministro, quando verranno in discussione i bilanci, e quando sarà presentata al Parlamento la concessione a cui allude il ministro dei lavori pubblici.

Lo prego però fin d’ora a voler far sì che l’esame, a cui è preposto l’onorevole Ranco nelle provincie meridionali, versi anche in linea speciale sulle condizioni del porto di Napoli, le quali meritano essenzialmente di essere studiate, richiedendo quel porto pronte, anzi urgenti cure e riparazioni, stante la sua insufficienza e mancanza di sicurezza pel vasto commercio al quale è destinato.

PERUZZI, ministro pei lavori pubblici. Mi è grato di poterlo assicurare che, quanto al porto di Napoli, non solamente mi varrò degli studi del cavaliere Ranco, ma anche di altri.

In questo momento il Ministero sta esaminando vari progetti che sono stati presentati e per il miglioramento del porto di Napoli e per la costruzione di dock's per il commercio.

Io pure son convinto della insufficienza di quel porto, della cattiva sua condizione e della convenienza di migliorarlo, affinché il commercio di quella cospicua città possa prendere l’alto rango che io credo competergli e che, a senso mio, non ha ancora raggiunto. Ed io sarò lietissimo di mettere in ciò il più vivo ed il più speciale interesse.





















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